I sacchetti per l’umido “non sono biodegradabili” quanto dovrebbero, la scoperta che manda all’aria la differenziata degli italiani
Il processo industriale, che negli impianti di riciclo, per esigenze lavorative, dovrebbe essere rapidissimo, è decisamente lento. Quando il compost esce dagli impianti contiene infatti grandi quantità di microplastiche sfuggite ai macchinari che possono rimanere nei terreni anche per lunghi periodi
I sacchetti per l’umido, quelli che da anni gli italiani usano per gettare via i rifiuti organici che vengono prodotti quotidianamente in casa, potrebbero non esser “sufficientemente biodegradabili”. A scoprire l’amara verità, che ora mette in crisi tutta la filiera del riciclo, uno studio condotto dal Fraunhofer Institute for Chemical Technology, che ha monitorato i flussi dei rifiuti organici di 10 mila famiglie scoprendo ciò che non si sarebbe mai voluto scoprire. Lo studio, condotto in collaborazione con le Università di Bayreuth, Hohenheim e BEM Umweltservice GmbH, ha infatti portato alla luce numerose prove che dimostrano l’inadeguatezza dei sacchetti. I problemi riscontrati sarebbero tanti e di una tale gravità dal portare i ricercatori a “non raccomandare l’uso dei sacchetti”, e anzi di consigliare, come alternativa, l’utilizzo delle buste di carta…
Il test condotto dal Fraunhofer Institute
L’equipe di ricercatori ha fornito alle 10mila famiglie partecipanti ai test un uguale quantitativo di sacchetti per l’umido. Questi, tuttavia, non erano tutti identici ai nuclei famigliari sono stati consegnati kit misti, con buste realizzati con diversi materiali biodegradabili. Seguendo poi il percorso dei sacchetti è stato possibile comprendere meglio come i suddetti materiali venivano gestiti e trasformati negli impianti che trattano l’organico. Nelle strutture, fa presente un portavoce dell’equipe di specialisti, avviene un tentativo di separazione tra il contenitore, cioè la busta, e il vero e proprio contenuto. La separazione serve a migliorare la qualità del compost prodotto, che poi viene destinato al settore agricolo.
Microplastiche nel compost destinato all’agricoltura
Come prima cosa è stato evidente notare che l’esiguo tempo trascorso da questi materiali all’interno di un impianto di riciclo non consente al sacchetto di degradarsi completamente. Ciò, in qualche modo, porta inevitabilmente le buste a “fondersi” con i rifiuti. Il materiale a questo punto va comunque trattato. Il risultato? E’ un compost contaminato da un’infinità di particelle microplastiche, la maggior parte delle quali di diametro inferiore al millimetro, ma pur sempre in grado di rimanere nei terreni per lunghi periodi.
E allora quale potrebbe esser la soluzione al problema?
Finché gli impianti di riciclo non saranno migliorati, così dall’esser in grado di separare con maggior efficienza i sacchetti bio dal materiale organico, gli scienziati del Fraunhofer Institute suggeriscono di “mettere da parte le buste biodegradabili” e servirsi invece dei comuni sacchetti di carta. Anche questa soluzione, fanno notare gli ambientalisti, è tuttavia imperfetta. L’utilizzo massiccio di sacchetti di carta potrebbe avere un impatto negativo sulle foreste, e anche in quel caso andrebbe valutato con molta attenzione.