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Qual è la qualità dell’aria inspirata da chi usa una mascherina? I risultati dello studio italiano

Sarebbe molto più utile preoccuparci di un problema reale: quello legato all’anidride carbonica che immettiamo in atmosfera, bruciando combustibili fossili. In nessun momento degli ultimi 800 mila anni i livelli di CO2 atmosferica hanno raggiunto gli elevati livelli attuali. Una crisi pericolosa come e più della pandemia

di GreenReport.it   

Tra chi grida alla “dittatura sanitaria” contro restrizioni e norme di comportamento imposte per difendere la collettività durante una pandemia – quella da Covid-19, che in soli quattro mesi ha portato in Europa a 168mila morti in più rispetto alla media –, una delle accuse preferite sembra essere quella della CO2 nelle mascherine. La tesi, più o meno, è questa: coprendoci naso e bocca finiamo per respirare l’anidride carbonica che espiriamo, in quantità tali da recarci danno. Il fatto è che non è vera.

Dopo la smentita arrivata da Oltreoceano grazie a uno studio pubblicato sugli Annals of the American Thoracic Society, adesso è una ricerca italiana - condotta a Bolzano dal Laboratorio Analisi aria e radioprotezione dell’Agenzia provinciale per l’ambiente e la tutela del clima (Appa) - a offrire un quadro dettagliato della situazione, rilanciato anche dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) e sintetizzabile così: «La concentrazione di anidride carbonica re-inalata indossando una copertura naso-bocca è sui livelli di quella rilevata in ambienti chiusi e risulta essere molto inferiore rispetto a quella espirata».

Naturalmente, è vero che svolgere le proprie attività quotidiane indossando mascherine implica che una parte dell’aria espirata venga trattenuta all’interno del dispositivo indossato e quindi re-inalata. Ma che aria respiriamo davvero in questo “micro ambiente”? Per rispondere, l’Appa Bolzano ha realizzato uno studio apposito grazie alla grande esperienza maturata nel settore della qualità dell’aria indoor, in modo particolare all’interno delle aule scolastiche.

Durante lo studio sono state effettuate 350 prove con e senza dispositivi di copertura indossati, quantificando la percentuale di CO2 re-inalata rispetto a quella espirata prendendo in esame diverse tipologie di dispositivi di copertura naso-bocca: mascherina artigianale, chirurgica, FFP2 o KN95, visiera e scalda collo.

«L’aria che espiriamo – dichiara Luca Verdi, direttore del Laboratorio Analisi e radioprotezione – contiene un’elevata concentrazione di anidride carbonica (circa 40.000 ppm). Dallo studio è emerso che indossando un dispositivo di copertura naso-bocca si ha comunque un notevole ricambio d’aria che porta anche ad una consistente riduzione della concentrazione di CO2. Più precisamente la percentuale di anidride carbonica espirata che viene re-inalata varia da un minimo del 3% (visiera) a un massimo del 14% (mascherina artigianale)».

Ciò non toglie che respirare attraverso le mascherine possa restituire effettive sensazioni di fastidio a chi le indossa, ma si tratta di una percezione legata alla temperatura e non alla CO2. Oltre a caratterizzare la qualità dell’aria inspirata, lo studio ha infatti voluto valutare una possibile fonte di disagio avvertito con l’uso prolungato di tali dispositivi di copertura. «Grazie ad una termocamera abbiamo misurato la temperatura superficiale del viso, con e senza mascherina – spiega Clara Peretti, consulente per il Laboratorio Analisi aria e radioprotezione nell’ambito del progetto europeo “QAES” – Dalla prova è emerso che nella zona del viso coperta dal dispositivo di copertura la temperatura superficiale aumenta in media di due gradi. Innalzamento di temperatura e conseguente sudorazione possono creare una sensazione di fastidio».

Una cosa ben diversa dall’affermare che la CO2 che ri-inspiriamo con le mascherine indosso ci avvelena. Sarebbe molto più utile preoccuparci di un problema reale: quello legato all’anidride carbonica che immettiamo continuamente in atmosfera, bruciando combustibili fossili, che ha un nome ben preciso. Crisi climatica. In nessun momento degli ultimi 800 mila anni i livelli di CO2 atmosferica hanno raggiunto gli elevati livelli attuali (oltre 400 ppm), ed è che questo sta surriscaldando a grande velocità il clima globale e ancor più quello italiano. Una crisi pericolosa come e più della pandemia che stiamo vivendo, e che necessariamente dev’essere affrontata come tale.

A cura di Luca Aterini – GreenReport.it

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