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Belle ma letali, le piante più pericolose che è bene conoscere

Nonostante il loro aspetto contengono sostanze pericolose per l’uomo. Ecco come riconoscerle, come identificare i sintomi d’avvelenamento e i consigli per prevenire rischi

di Roberto Zonca   
La Mancinella o albero della morte - Foto Shutterstock
La Mancinella o albero della morte - Foto Shutterstock

Partiamo col dire che nei nostri parchi cittadini, come anche nelle nostre case, è possibile ci siano una moltitudine di piante ornamentali altamente tossiche, e dunque pericolose per bambini, adulti e persino per gli animali domestici. Conoscerle può esser importante per scongiurare incidenti, anche perché non sono poche quelle che rappresentano una minaccia anche senza un contatto diretto. Di seguito una lista che mira a descriverne le caratteristiche, così da evitare avvelenamenti che possono mettere a rischio la nostra vita o quella dei nostri cari.

Mancinella – Hippomane mancinella

La mancinella, detta anche ippomane o manzaniglio (Hippomane mancinella L.), è una pianta angiosperma dicotiledone della famiglia delle Euphorbiaceae. Benché originaria dei Caraibi, Florida, Bahamas, Messico e America Centrale, la si può trovare più o meno ovunque nel resto del mondo, e in particolar modo sulle spiagge costiere o negli acquitrini di acqua salmastra (nello stesso habitat delle mangrovie). Visto il suo aspetto sempreverde, e la capacità delle sue radici di stabilizzare gli arenili, viene sovente usata come frangivento. La Mancinella, nel periodo della fioritura, si copre di piccoli fiori gialli (o verdi) a cui fanno seguito dei frutti simili a mele. Queste, velenosissime, in piena maturazione assumono un colore giallo-verdastro. Questa pianta, apparentemente innocua, viene chiamata anche “albero della morte” e si contende il primato di pianta più letale insieme ad un’altra specie, chiamata “albero dei suicidi”. In Italia, fortunatamente, non è molto diffuso, pertanto è bene riconoscerlo per evitare spiacevoli incidenti.

In pieno vigore vegetativo può raggiunge un’altezza di circa 15 metri. Dotato di un tronco grigio-rosso, e foglie coriacee di colore verde, nel periodo della fioritura si copre di piccoli fiori gialli o verdi, seguiti poi da piccoli frutti gialli molto velenosi. E’ sufficiente l’ingestione di un solo frutto per rischiare la vita. E se l’ingestione di una di queste piccole mele può portare alla morte, il contatto con foglie o corteccia non è una passeggiata di salute: le varie parti della pianta sono infatti tossiche e caustiche. La sostanza biancastra che scorre nell’albero, simile alla resina presente negli alberi di fico, causa dolorose vesciche.

Questo albero è pericoloso anche a distanza. L’inalazione delle sostanze tossiche rilasciate dalla pianta possono provocare malanni più o meno gravi, e portare persino alla cecità, soprattutto se colpiti dalle gocce di acqua in caso di pioggia. Il forbolo presente nella resina reagisce con l’acqua trasformandosi in acido. Di questa pianta letale non si utilizza alcuna parte, neppure la legna. Qualora venisse bruciata, infatti, sprigionerebbe dei fumi tossici capaci di provocare danni agli occhi, con cecità temporanea, e problemi all’apparato respiratorio.

Cerbera odollam

Il secondo gradino del podio degli alberi più letali spetta come anticipato all’albero dei suicidi. Il Cerbera odollam, benché elegante e maestoso, è noto per la sua elevata tossicità. I semi contengono “cerberina”, un glicoside cardiaco che causa la morte per arresto cardiaco. Il nome della pianta deriva proprio dal fatto che tanti disperati ingerivano i semi per suicidarsi. E’ sufficiente il veleno contenuto in un solo seme per morire dopo 2 giorni. Il malcapitato avverte una insolita sensazione di bruciore nella bocca e presenta difficoltà respiratorie anche importanti. Battito cardiaco irregolare, coma e morte sono gli "effetti finali" dovuti all’intossicazione letale da Cerbera odollam. Questo albero produce anche frutti, simili a piccoli mango. La differenza sta nel guscio fibroso e nel nocciolo bianco ovoidale, che a contatto con l’aria diventa progressivamente viola, poi grigio scuro e infine marrone o nero.

Abro - Abrus precatorius

Detto anche “fagiolino portafortuna”, ma chi s’imbatte erroneamente in questa leguminosa può dirsi fortunato se sopravvive al suo incontro. Spacciato spesso per “liquirizia americana”, l’abro ha origine sulle montagne dell’Indocina, dove predilige terreni sabbiosi. Oggi la specie si è diffusa in tutte le zone tropicali del pianeta, in Africa come nelle Americhe. Si tratta di una pianta rampicante lunga orientativamente 5 metri. Perenne, e legnosa alla base, sviluppa dei rami leggermente “pelosi”. Ogni sua foglia è composta a sua volta da una 30na di piccole foglioline regolari. I fiori, papilionacei, sono rosa o purpurei, ma occasionalmente si incontra la versione dai fiori bianchi. Il frutto è un legume appiattito, che contiene da 3 a 7 semi duri e brillanti sulla cui superficie scarlatta compare una macchia scura. Fino a qualche tempo fa, gli indiani la usavano per avvelenare le frecce da usare durante le battute di caccia. Le tossine di questa pianta sono da tempo usante anche nella medicina tradizionale. In passato c’è chi se ne serviva per curare affezioni cutanee (per provocare infiammazioni artificiali dei foruncoli), o per realizzare degli impacchi umidi contro congiuntiviti e mastiti. Bastava sbagliare le dosi per condurre però un paziente alla morte. L’ingestione di un solo seme causa  disidratazione, nausea, malfunzionamento dei reni e del fegato e solo 3 microgrammi di abrina, la sostanza tossica in esso contenuta, sono sufficienti a causare la morte.

Stramonio comune - Datura stramonium

L’erba del diavolo, così è conosciuto lo stramonio comune, è una pianta erbacea molto decorativa, caratterizzata dalla presenza di larghe foglie di un verde brillante. I suoi fiori a tromba, di grandi dimensioni, hanno un colore bianco che ricorda quelli della datura, anch’essa velenosa. La pianta è molto diffusa in Italia, la si trova su tutto il territorio… cresce spontanea nei terreni incolti e lungo i bordi delle strade di campagna. A causa dell’elevata concentrazione di alcaloidi, soprattutto nei semi, ha proprietà allucinogene. Se può provocare nausea, crampi, dolori addominali e, in molti casi anche la morte.

Ranuncolo bulboso - Ranunculus bulbosus

Il ranuncolo bulboso è una pianta appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae, comune in tutta la penisola italiana. Si tratta di una piccola ed esile pianta erbacea che cresce nei prati incolti e nelle radure delle zone montane. In primavera produce fiori vistosi, composti da petali di colore giallo, sorretti da un calice formato da sepali riflessi e verdi.  A fine estate maturano i frutti, dei piccoli acheni sferici con un corto becco. Tutte le parti descritte, compresa la radice, sono “altamente velenose”, perché contengono ranuncolina, una sostanza volatile che si trasforma in protoanemonina, caustica e fortemente irritante. Per l’incauto e improvvisato naturalista irritazioni e vesciche cutanee sono assai probabili. Inoltre, in caso di ingestione, si rischiano persino l’infiammazione della mucosa orale, dolori intestinali, infiammazione ai reni, vertigini, crampi e insufficienza respiratoria. Una serie di congiunzioni sfavorevoli può portare alla morte un soggetto particolarmente fragile o sensibile.

Aconito napello - Aconitum napellus

L’aconito napello è tanto bello quanto tossico. Di certo viene considerata la pianta più tossica presenta sul territorio italiano. La si può trovare soprattutto sulle zone montane, e riconoscerla è abbastanza semplice, a causa dei suoi fiori di colore blu, a spiga, e delle sue foglie arrotondate. La sua tossina era nota anche agli antichi guerrieri che se ne servivano per intingere le punte delle lance così da uccidere i nemici. Benché i semi possano esser facilmente reperiti sul mercato, per un impiego nei giardini, sarebbe opportuno evitarli. Tutte le parti di questa pianta sono velenose. L’ingestione causa bruciore della bocca, vomito, diarrea, irregolarità del battito cardiaco, inoltre può portare al coma e occasionalmente alla morte.

Tasso - Taxus baccata

Il tasso è una pianta ben nota in Italia. La si può trovare un po’ ovunque, perché apprezzata per le sue caratteristiche ornamentali. Nonostante ciò va detto che il Taxus baccata è velenoso: tutte le sue parti lo sono, e in particolar modo le bacche rosse, perché contengono alcaloidi come la tassina. Qualora si ingerisse una bacca si potrebbe andare incontro a problemi gravi, non ultimo la morte per paralisi cardiaca o respiratoria. Il Tasso ha un effetto narcotico e paralizzante anche su molti animali domestici. Anticamente questa bellissima pianta ornamentale era chiamata “albero della morte”, nome oggi attribuito alla Mancinella.

Ricino - Ricinus communis

Il ricino è conosciuto anche con il nome di “fico infernale”. Il nome, ovviamente, gli è stato attribuito a seguito della sua natura estremamente velenosa Appartenente alla famiglia Euphorbiaceae è presente in molti parchi e giardini italiani. I semi vengono utilizzati per produrre il famoso olio di ricino, utilizzato “in passato” come lassativo. Fiorisce principalmente nei mesi estivi, da luglio a ottobre, e i suoi semi vengono raccolti in autunno. Si tratta di un arbusto altamente tossico, a causa della ricina presente nei semi ma anche nelle foglie. L’ingestione di pochi semi può provocare la morte per arresto cardiaco.

Cicuta - Conium maculatum

La cicuta è una pianta erbacea diffusa allo stato spontaneo nei terreni incolti. produce fiori bianchi e piccoli frutti verdi. Non vi è parte di questa pianta che non sia altamente velenose. Riconoscerla è abbastanza semplice. Il fusto, che può raggiungere 2 metri di altezza, è cavo, glabro, tipicamente arrossato verso il basso e presenta per tutta la lunghezza delle macchie rosso-vino. Le foglie possono raggiungere i 50 centimetri di lunghezza e 40 di larghezza, assumono una forma triangolare e sono suddivise al loro interno in un gran numero di foglioline a bordi dentati. I fiori appaiono generalmente al secondo anno di vita e sono portati in infiorescenze a ombrella di colore bianco. La pianta fiorisce tra aprile e agosto. Particolarmente riconoscibile anche per il suo odore sgradevole, ancor più quando viene spezzato un ramo. La cicuta è famosa per essere stata la pianta con la quale è stato avvelenato Socrate.

di Roberto Zonca   
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