Li chiamano “animali da reddito”, ogni anno due miliardi finiscono al macello
Il dato shock che lascia senza parole persino chi ha un regime alimentare onnivoro: e il numero dei capi abbattuti annualmente cresce esponenzialmente
Li chiamano “animali da reddito” e vengono allevati soltanto per soddisfare le esigenze alimentari dell’uomo. Nel 2017, quasi 2 miliardi di maiali, mucche, cavalli e polli sono finiti al macello per esser uccisi, fatti a pezzi, confezionati e trasportati da un capo all’altro del mondo, in direzione dei centri commerciali nelle nostre città. E se il dato già così lascia senza parole, persino chi ha un regime alimentare onnivoro, aggiungiamo che risulta essere in crescita costante. Stando allo studio condotto dal Weizmann institute of science di Israele, il pollame rappresenta il 70 per cento di tutti gli uccelli del pianeta, mentre il 60 per cento dei mammiferi è composto dal restante bestiame.
Le spedizioni degli animali vivi, evidenzia The Guardian, che ha ripreso i dati diffusi dalla FAO, vengono effettuate a bordo di navi o camion, e costringono i condannati a morte a viaggi che possono durare poche ore come anche oltre sei settimane. L’esportazione, altresì, sarebbe possibile soltanto attraverso l’uso di costose apparecchiature di refrigerazione. E in questo modo aumentano di conseguenza le sofferenze per i cosiddetti “animali da reddito” e quelle per l’ambiente.
Dati alla mano è palese che l’attuale sistema non è più sostenibile, non lo è eticamente, come non lo è neppure ecologicamente. Nel 1967 gli animali trasportati vivi verso i macelli erano 130 milioni, soltanto 10 anni dopo il numero raggiunse quota 260 milioni, numero che - a distanza di altri 10 anni - ha toccato quota 440 milioni. Il consumo di carne, con l’aumentare della popolazione terrestre, non è calato. Nel 1997 i capi abbattuti per esigenze alimentari sono stati 680 milioni, nel 2007 un miliardo, fino a giungere all’attuale cifra di quasi 2 miliardi… per la precisione dei numeri 1 miliardo e 900 milioni animali macellati. Anche i profitti sono naturalmente cresciuti a dismisura. Nel 1988, secondo i dati di Comtrade, database di statistiche dell’Onu, il commercio globale di animali vivi valeva 716 milioni di dollari, mentre nel 2017 ha raggiunto i 21 miliardi di dollari.
A livello globale l’animale più allevato (e dunque macellato) è il pollo. Paesi Bassi e Germania sono i primi esportatori (nel 2017 ne hanno spedito in giro per il mondo 700 milioni di unità), mentre i paesi di destinazione sono l’Unione europea e le nazioni asiatiche e africane. Per quanto riguarda invece i bovini cambia il mercato di riferimento. Il principale esportatore di bovini vivi è la Francia. La maggior parte dei capi esportati nel 2017, circa 980 mila, era diretta in Italia. Gli animali da reddito non solo nascono per esser trasformati in cibo, ma prima che ciò avvenga sono costretti a un ultimo viaggio disumano: vengono stipati in spazi angusti, rischiando di non arrivare a destinazione perché soffocati dal caldo o perché esposti alle intemperie.
E i fortunati, quelli che sopravvivono al viaggio? Loro saranno costretti a subire pratiche di macellazione raccapriccianti: in numerosi macelli in Egitto, Libano e Arabia Saudita i bovini vengono sottoposti al taglio dei tendini nelle zampe, così che non possano muoversi troppo prima della macellazione. La cosa fa rabbrividire, ma sappiate che non è una delle tecniche più barbare… c’è persino di peggio. Nessuno vuole imporre il proprio regime alimentare agli altri, ma da una società che vuole definirsi civile ci si aspetterebbe qualcosa di più. Il minimo sarebbe quello di offrire al bestiame da macello una morte indolore, o quanto meno accettabile. In prima linea, a chiederlo a gran voce, non soltanto una moltitudine di associazioni animaliste, ma anche l’Organizzazione mondiale della sanità animale (Oie), che tra i suoi obiettivi ha quello del miglioramento della salute e del benessere degli animali in tutto il mondo.