La popolazione mondiale continua a crescere, ma le produzioni di cibo sono insostenibili: come sarà il futuro
Oggi siamo in grado di produrre in modo sostenibile cibo per appena 3.4 miliardi di esseri viventi. Sulla Terra vivono però 7 miliardi e 762 milioni di umani e da qui ai prossimi 30 anni saremo 10 miliardi
Sulla Terra vivono 7 miliardi e 762 milioni di esseri umani. Con l’attuale tasso di crescita, da qui ai prossimi 30 anni, l’umanità sfiorerà quota 10 miliardi, con inevitabili conseguenze che ricadranno sulle future generazioni. I primi problemi già ci sono, perché le risorse limitate non vengono gestite in maniera equa. Qualcosa si sta cercando di fare ma, i risultati non sono sufficienti. Oggi siamo in grado di produrre in modo sostenibile cibo per appena 3.4 miliardi di persone. A lanciare l’allarme è stato un team di ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) che, attraverso le pagine del Nature Sustainability, chiariscono in maniera inequivocabile quanto sia realmente grave la situazione.
Più della metà della produzione alimentare risulta essere insostenibile e questo significa che l’uomo sta arrecando dei danni al Pianeta. Gli scienziati non si sono limitati a mettere davanti agli occhi del mondo i rischi, ma con il loro studio hanno anche identificato anche un pacchetto di soluzioni che, se applicato, garantirebbe il sostentamento di oltre 10 miliardi di persone. "Per produrre cibo - ha commentato il professor Dieter Gerten, lead-author dello studio - stiamo compromettendo l'ecosistema. La situazione è grave, ma c'è ancora tempo per cambiare agendo il prima possibile. Sottraiamo terra per allevamento e coltivazione intensiva, fertilizziamo ed irrighiamo troppo mettendo in pericolo il ciclo dell'acqua, questi i principali problemi".
Ma cambiare rotta è possibile. “Occorre ripensare completamente la filiera del cibo”, aggiunge l’esperto. I primi importanti risultati sarebbero ottenibili già con una riorganizzazione razionale delle tecniche agricole. Ci sarebbe cibo sufficiente per soddisfare le esigenze di 7.8 miliardi di persone. Come? "Rinaturalizzazione" degli allevamenti nelle aree in cui più del 5 per cento delle specie sono a rischio estinzione; riforestazione dei terreni coltivati laddove più dell'85 per cento della foresta tropicale è stata disboscata; riduzione dell'uso dell'azoto nei fertilizzanti. In altre parole, si tratterebbe di spostare parte delle attività agricole e di allevamento da zone sottoposte a "stress ambientale" elevato (Cina orientale ed Europa centrale) verso altre in cui i limiti ambientali sono distanti dall'essere superati, come il Nord-Ovest degli Stati Uniti e l'Africa sub-Sahariana.
Il problema sta nel convincere gli attori in campo ad accettare il cambiamento. I Paesi interessati dalla trasformazione saranno portati ad abbracciarla soltanto nel caso in cui vedranno dei benefici per i propri interessi e per il proprio sviluppo. E quando la popolazione terrestre crescerà ancora? A quel punto, spiega Vera Heck, ricercatrice al PIK, sarà inevitabile una modifica dell'alimentazione su larga scala. In primis dovremo comunque imparare a ridurre lo spreco alimentare (circa il 30 per cento del cibo oggi prodotto viene gettato ancor prima di finire in tavola). Il secondo passo obbligato sarà quello di rimpiazzare quote sempre maggiori di proteine di origine animale con legumi e altri vegetali o, perché no, con gli insetti.
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Insetti & co: quando nel piatto il cibo è diverso
Il mondo - Paesi ricchi compresi - dovrà rassegnarsi e accettare le nuove regole: un pasto sostenibile avrà benefici sull’ambiente e sulla salute delle persone. Pensare di voltare lo sguarda da un’altra parte, così da non vedere i problemi, non sarà più possibile. La popolazione mondiale, in assenza di politiche demografiche di contenimento, continuerà a crescere, e già ora lo fa con un tasso di circa 83 milioni nuovi individui l’anno.
Stando all’ultimo rapporto presentato dalle Nazioni Unite, il World Population Prospects 2019, nove Paesi faranno da soli più della metà della popolazione globale prevista da qui al 2050: India, Nigeria, Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, la Repubblica Unita di Tanzania, Indonesia, Egitto e Stati Uniti d’America. L’Europa? Sarà irriconoscibile. Nella migliore delle ipotesi gli europei saranno complessivamente 628 milioni.