La soia nascosta nel piatto dei consumatori distrugge le foreste e migliaia di specie animali
La ricerca condotta dal Wwf mette in evidenza i rischi per la Natura, e le conseguenze per la specie umana che rischia tra l’altro di distruggere i polmoni verdi del Pianeta
Nel mondo esiste una leguminosa che, in modo silenzioso, sta letteralmente invadendo le tavole dei consumatori. Pochi sanno di consumarla abitualmente, ma i dati dimostrano che ormai è diventata una costante del nostro regime alimentare. La soia, nota a vegani e vegetariani, viene ormai consumata da tutti: ogni cittadino europeo, denuncia il Wwf, ne consuma in media 60 chilogrammi l’anno, perlopiù senza nemmeno accorgersene. Stando a quanto evidenziato dalla nuova ricerca intitolata “Mapping the European Soy Supply Chain” (Mappatura della catena di approvvigionamento della soia europea) il 90 per cento della soia che viene consumata da noi cittadini europei viene ingerita attraverso un consumo indiretto
Ecco come assumiamo inconsapevolmente la soia
Tale leguminosa, non certo amica dell’ambiente, viene utilizzata nei mangimi per il bestiame, così da ottenere tutti i derivati delle proteine animali. La soia, infatti, è un legume ricco di proteine e rappresenta quindi un mangime concentrato ideale. E qui nasce il problema. Il crescente consumo di carne, pesce, uova e latticini a livello mondiale, infatti, ha determinato un incremento della produzione di soia, quintuplicata negli ultimi 40 anni. Richieste maggiori hanno causato, soprattutto in Sud America, la necessità di avere superfici coltivabili che sono state ottenute con l’abbattimento delle foreste, ricche di biodiversità. “Questo causa la perdita di specie, un notevole impatto sul cambiamento climatico e la perdita di fonte di sostentamento delle popolazioni indigene – evidenzia il Wwf -. Inoltre la soia, coltivata prevalentemente in monocolture, richiede un impiego elevato di pesticidi, che inquinano il suolo e le falde acquifere. La soia coltivata a livello mondiale è per oltre l’80 per cento geneticamente modificata”.
Addio alle foreste
Il raccolto mondiale di soia ha raggiunto un volume di 340 milioni di tonnellate nella stagione 2019-2020. Ciò corrisponde a una superficie totale di 123 milioni di ettari. Il 75% di tutta questa soia è destinato alla produzione di mangimi. Oltre l’80% di tutta la soia prodotta a livello globale proviene da Stati Uniti, Brasile e Argentina, che sono anche i maggiori Paesi esportatori. La produzione di soia in Sud America è quasi triplicata negli ultimi decenni e si prevede raddoppierà ulteriormente entro il 2050, mettendo in serio pericolo centinaia o forse migliaia di specie tra mammiferi, uccelli e rettili, alcuni già a rischio di estinzione.
Ne consumiamo 60 chilogrammi ogni anno
I cittadini europei, pertanto, benché in modo inconsapevole, stanno contribuendo alla distruzione delle foreste di tutto il mondo. La soia così assunta dai consumatori si trova nascosto in carne, pesce e derivati animali (60,6 chilogrammi anno), mentre quella utilizzata in modo diretto ammonta a poco meno di 3,5 chilogrammi anno. In alcuni casi, come per il pollo e il salmone, la quantità di soia utilizzata come mangime è quasi pari a quella del cibo finale prodotto: sono infatti necessari 95 grammi di soia per produrre 100 grammi di salmone d’allevamento e 96 grammi di soia per 100 grammi di petto di pollo. La carne di maiale viene subito dopo, con 41,5 grammi soia per 100 grammi di carne di maiale. Anche le quote di soia incorporate nei prodotti lattiero-caseari come il formaggio e il latte in polvere sono alte.
Verso una legge che tuteli le foreste
Ma la soia non è l’unica commodity che mette a rischio la salute del Pianeta: avocado, cacao, caffè e molte altre, se non di origine biologica o con altre certificazioni che ne attestino la sostenibilità della produzione, hanno spesso fortissimi impatti sugli ecosistemi in cui vengono prodotte e sulle specie. Ora si sta discutendo una nuova legge per ridurre l’impronta dei consumi europei sulla deforestazione, che ha diversi punti di forza, ma limita il proprio ambito di applicazione alla protezione delle sole foreste, rimandando di almeno due anni la potenziale inclusione di altri ecosistemi. La lista di prodotti e materie prime stilata dalla Commissione, poi, dovrà comprendere tutti quei prodotti la cui filiera genera distruzione delle foreste ed ecosistemi, per esempio la carne di maiale e di pollo e il mais. Serve una legge che includa tutti habitat e tutte le materie prime e che rispetti i diritti umani.