Il mondo è avvolto dalle fiamme, ma si parla prevalentemente di Covid
Incendi e disboscamenti minacciano i polmoni verdi del pianeta

Il futuro del mondo, e dunque dell’umanità, sembra appeso ad un filo. E stavolta l’emergenza Covid, che i media ci hanno ormai imposto come unico allarme da tenere in considerazione, non c’entra nulla. Il problema del Pianeta sono gli incendi, che in meno di un anno hanno cancellato dalla faccia della Terra milioni di ettari di foreste. L’ultimo segnalato dalle agenzie è passato quasi in sordina. Questa mattina un bollettino informava di un devastante incendio che in poche settimane, in Bolivia, ha distrutto quasi 600mila ettari di boschi. L’incendio, di origine certamente dolose, consumato il 64 per cento delle aree protette presenti nel dipartimento di Santa Cruz (est). Il rogo - che a dirla tutta sarebbe caratterizzato da una moltitudine di incendi attivi nelle foreste di Chiquitanía - regione compresa tra l'Amazzonia a nord, le pianure del Chaco a sud e il Pantanal - è un problema dell’intero Pianeta, anche perché ha interessato la più grande zona umida del mondo.
E il fenomeno non tocca soltanto il Sud America. Incendi di dimensioni ragguardevoli hanno interessato nell’ultimo anno Grecia, Turchia, Italia, Australia, Siberia e Africa (Zambia, Angola, Malawi e Madagascar). Nella Repubblica democratica del Congo, aggiungo alcuni esperti, lo strato di fumo è così spesso che molte aree sono completamente oscurate. Che la situazione sia critica è ormai evidente, ma per quelli che non credono al problema la Nasa – attraverso il Fire Information for Resource Management System - ha diffuso una serie di immagini satellitari che non lasciano spazio a fraintendimenti: il mondo sta bruciando. Nelle foto si vedono i punti del nostro pianeta che in questo momento sono colpiti dai roghi e la situazione viene definite “preoccupante”.

E parallelamente al fenomeno incendi prosegue, quasi in silenzio, l’opera di disboscamento nei polmoni verdi del pianeta. Un depauperamento continuo, i cui danni saranno visibili a breve. Secondo un report dell’ONG Imazon, negli ultimi 12 mesi si è segnato un +57 per cento nel fenomeno di deforestazione dell’Amazzonia, e gran parte delle colpe vengono attribuite al presidente Bolsonaro e alle sue azioni politiche scellerate.
Dall’agosto 2020 fino al luglio di quest’anno sono stati distrutti oltre 10mila chilometri quadrati di superficie boschiva, equivalenti a 9 volte la superficie occupata dalla città di Rio de Janeiro. E se la tendenza non sarà invertita c’è poco da sperare in un futuro roseo. Il tasso di deforestazione infatti è in crescita esponenziale, che gli esperti ipotizzano si aggiri attorno ad un +80 per cento rispetto allo scorso anno. Insomma, la foresta sta morendo, i polmoni verdi della Terra stanno morendo, e nell’indifferenza dei grandi del mondo l’umanità ha di fatto infilato la testa in un sacco di plastica attraverso il quale non si potrà respirare.
L’unica iniziativa presa di recente la si deve al presidente Bolsonaro, che ha ordinato all’esercito di fermare il disboscamento con qualsiasi mezzo. Il risultato ottenuto? Il fenomeno è cresciuto, e gli unici ad esser finiti nella rete dei militari sono stati i volontari delle Ong: insomma i buoni hanno fermato i buoni, lasciando liberi i cattivi che ora possono proseguire nel loro lavoro di distruzione senza il timore che qualcuno li disturbi.