Le proteste funzionano sempre meno e la lotta per il clima si trasferisce in tribunale
Aumentano le cause in tutto il mondo, sono circa tremila. Ma in Italia c'è ancora molto da fare
Dalle proteste di studenti e attivisti ai ricorsi giurisdizionali con un boom di azioni in tutto il mondo nel contesto della giustizia climatica. Per provare a spingere Stati e imprese a rispettare gli impegni in materia di cambiamenti climatici, individui, attivisti e ong hanno scelto di frenare gli effetti sempre più visibili dei cambiamenti climatici nelle aule di giustizia. Così, oggi, la giustizia climatica può rappresentare uno strumento per spingere a un maggiore impegno e a una minore sottovalutazione dei danni da surriscaldamento globale che porta siccità, eventi estremi, inondazioni, migrazioni e danni, in particolare, ai soggetti più vulnerabili. Con sicuri effetti negativi anche sui diritti umani da quello alla vita, alla salute, al rispetto della vita privata.
In quasi tutti gli Stati ci sono cause per il clima
La mappa giudiziaria, che comprende soprattutto azioni civili e amministrative, copre ormai quasi tutti gli Stati che, nel complesso, non hanno fatto abbastanza per dar corso all'accordo di Parigi del 2015: limitare il riscaldamento globale ben al di sotto di 2°C rispetto al livello preindustriale (con l'Ue che punta alla neutralità climatica entro il 2050). Il Sabin Center for Climate Change Law, il più grande database del mondo in questo settore, curato dalla Columbia Law School (NY), conta più di 3.000 casi climatici che riguardano azioni contro Stati e contro aziende.
Vanno poi aggiunte le azioni delle vittime di disastri naturali da eventi estremi provocati dai cambiamenti climatici. Una disamina approfondita è stata pubblicata oggi dal sole 24 Ore.
I Paesi Bassi fanno scuola per le azioni giudiziarie
Il primo caso ha riguardato i Paesi Bassi, con la Corte suprema olandese che, nella storica sentenza Urgenda depositata nel 2019, ha ritenuto inadeguate le scelte legislative fatte e condannato lo Stato a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra. In Germania, è intervenuta, tra gli altri, la Corte costituzionale tedesca che, nel 2021, ha accertato la responsabilità del governo perché non ha tenuto conto, nell'adozione della legge federale sul Clima, del diritto alla tutela dell'ambiente in senso ampio, incluso il diritto delle generazioni future. Da Parigi, con il caso "l'affaire du Siècle", i giudici amministrativi francesi, nel 2021, hanno riconosciuto la responsabilità dello Stato per l'inerzia nel fronteggiare la crisi climatica, giudicando non adeguate le misure prese.
In Italia, almeno per ora, il risultato non è stato positivo perché, con la sentenza del 26 febbraio 2024 «Giudizio universale», il Tribunale di Roma ha respinto l'istanza di alcune associazioni ambientaliste per difetto di giurisdizione ritenendo che il giudice civile non è competente a decidere delle azioni dello Stato in materia di politica climatica. Tuttavia, la partita non è chiusa in attesa della pronuncia dei giudici di secondo grado. Le azioni, poi, oltre che nei confronti dello Stato, sono state avviate contro le aziende, in particolare quelle multinazionali, che ormai dedicano una parte del settore legale al contenzioso climatico.
Le cause contro le aziende
Nei Paesi Bassi i ricorsi hanno riguardato la Shell alla quale è stato imposta una riduzione del 45% delle emissioni di anidride carbonica. Il 6 agosto è stata la volta del Giappone con 16 giovani che hanno citato in giudizio le principali compagnie elettriche per le emissioni di Co2 in grado di incidere sui cambiamenti climatici e ledere i diritti dei ricorrenti. Per le azioni avviate dinanzi a organi giurisdizionali internazionali, in primo piano, la Corte europea dei diritti dell'uomo (la cui giurisprudenza è stata richiamata in quasi tutte le sentenze interne). Con la pronuncia Verein Klimaseniprinnes Schweiz e altri contro Svizzera (ricorso n. 53600/20) del 9 aprile 2024 la Grande Camera ha accertato la violazione dell'articolo 8, che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare e dell'articolo 6 sull'equo processo nella parte in cui è stato limitato l'accesso al giudice in materia di giustizia climatica. Intanto dinanzi a Strasburgo pendono due cause contro l'Italia (ricorso Uricchio e Deconto). Dai tribunali internazionali, poi, dopo il parere del Tribunale internazionale sul diritto del mare (21 maggio 2024) si attendono i pareri della Corte internazionale di giustizia sugli obblighi degli Stati nel contesto dei cambiamenti climatici (richiesto dall'Assemblea generale) e della Corte interamericana dei diritti dell'uomo