Gli Accordi di Parigi, cosa sono e cosa cambia adesso con l'uscita degli Stati Uniti
C'è meno di un anno di tempo per ridefinire lo scacchiere dei protagonisti della lotta al cambiamento climatico. Trump: uno slogan per sostenere il petrolio. Le reazioni della Cina e dell'Europa

Se fosse un film il time lock sarebbe efficace per creare suspance. Ma siamo nella realtà e "dieci mesi per trovare la quadra e non far naufragare gli accordi di Parigi" non fa dormire sogni tranquilli.
Ecco cosa è accaduto nelle ultime ore: il - di nuovo - neo presidente Donald Trump ha firmato i primi atti esecutivi del governo, in una cerimonia che ricorda più un talent che un rituale governativo. Tra i primi provvedimenti ha voluto l'avvio dell'iter per uscire dagli Accordi di Parigi. Lo aveva annunciato in campagna elettorale e ricordato nelle settimane di interregno, per cui nulla di nuovo. Però, certo, vederlo firmare, rivendicare il gesto, sentire il giubilo della sua parte politica, e osservare lo scricchiolante riassetto degli equilibri internazionali, un po' di ansia la fanno salire.
Uno slogan per sostenere il petrolio
Trump non si è fermato e contemporaneamente ha dichiarato l'emergenza energetica nazionale e promesso nuove riserve di petrolio seguendo lo slogan coniato in campagna elettorale rivelatosi molto efficace: “Drill, baby drill”.
Trump aveva già ritirato gli Stati Uniti dall'accordo durante il suo primo mandato, completando il processo nel 2020: l'anno successivo, però, il presidente Joe Biden aveva decretato la riadesione degli Usa all'accordo. Questa volta il percorso sembra decisamente più definitivo: una volta completato il processo pluriennale, gli Stati Uniti diventeranno uno dei pochi Paesi a non aderire all'accordo, insieme a Iran, Libia e Yemen.
L'accordo - non vincolante - include un impegno tra i membri a ridurre le emissioni di gas serra nel tentativo di scongiurare un riscaldamento globale superiore a 1,5 gradi Celsius rispetto alla media preindustriale.
Le reazioni della Cina e dell'Europa
Una decisione, quella di Trump, che ha già fatto registrate molte reazioni internazionali, a partire dalla più significativa di tutte: la Cina si è detta "preoccupata”. A sottolinearlo è stato Gui Jiakun, portavoce del ministero degli Esteri di Pachino. «Il cambiamento climatico è una sfida comune che riguarda tutta l'umanità - ha detto il responsabile - e nessun Paese può restare indifferente o risolvere il problema da solo».
Più tiepide le parole scelte dal commissario per il clima europeo, Wopke Hoekstra, che su X scrive: "È davvero spiacevole che la più grande economia del mondo, nonché uno dei nostri più stretti alleati nella lotta al cambiamento climatico, si ritiri dall'Accordo di Parigi”. L'europa si guarda in casa. si ritrova spaccata e, anzi, animata più da chi rinnega il suo ruolo da protagonista che da chi lo rivendivca. Eppure mai come ora sarebbe necessario che alzasse la voce e guidasse il processo fino alla prossima Cop, la numero 30, quella che farà il punto agli Accordi del 2015 e che si terrà in Amazzonia. Luogo importante e quanto mai simbolico. Ma vediamo cosa sono gli Accordi firmati dieci anni fa.
Ecco cosa contiene l'Accordo sul clima firmato dieci anni fa
A dicembre del 2015 oltre 190 Paesi hanno raggiunto, dopo lunghissimi negoziati durati più di dieci anni (storico l'incontro di Copenaghen nel 2009, il primo della presidenza Obama), un accordo sul clima. Alla ventunesima Conferenza delle parti di Parigi, la Cop21 (e cioè il vertice Onu sui cambiamenti climatici), proprio gli Stati Uniti avevano indicato la direzione.
L'accordo è stato firmato il 22 aprile del 2016 alla sede Onu di New York dai capi di Stato e di governo di 195 paesi. È entrato in vigore il 4 novembre 2016, 30 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni di gas serra. L'Italia ha ratificato l'accordo il 27 ottobre dello stesso anno, con un voto del parlamento.
Ecco i 5 pilastri dell'accordo:
OBIETTIVO 2 GRADI: L'Accordo impegna i paesi firmatari a contenere il riscaldamento globale entro 2 gradi dai livelli pre-industriali, e se possibile entro 1,5 gradi. Obiettivo che oggi appare irrangiungibile alla luce degli ultimi dati sul riscaldamento globale.
IMPEGNI DEI PAESI: I governi dovranno stabilire ed attuare obiettivi di riduzione dei gas serra prodotti dalle attività umane (anidride carbonica in primo luogo, ma anche metano e refrigeranti Hfc).
VERIFICHE: Sono previste verifiche quinquennali degli impegni presi.
AIUTI: L'accordo prevedeva che i paesi più ricchi devono aiutare finanziariamente quelli più poveri con un Green Climate Fund da 100 miliardi di dollari. Nel 2024 la Cop29 di Baku ha triplicato gli aiuti climatici ai Paesi in via di sviluppo, da 100 a 300 miliardi, anche se gradualmente fino al 2035
COP: Dal 1995 la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCC) organizza ogni anno una Conferenza delle parti (Cop) fra i paesi aderenti. È lì che si discute fra i paesi della situazione del riscaldamento globale e si decidono i provvedimenti da prendere. La grande novità politica dell'Accordo di Parigi è stata l'adesione dei maggiori produttori di gas serra, gli Stati Uniti e la Cina, che in passato avevano rifiutato di aderire al protocollo di Kyoto per non ostacolare la loro crescita economica. Accordo che oggi la Cina è tornata a difendere, dopo l'annuncio della firma da parte di Donald. La prossima Cop, la numero 30, si terrà a Belen, in Amazzonia e gli Usa dovranno partecipare, ma saranno soggetto uscente. Un altro evento inedito targato Trump.
Neanche gli incendi di Los Angeles hanno fatto cambiare idea a Trump. Speriamo che non sia necessaria una catastrofe europea per farci sentire orgogliosi del ruolo da condottiero del Vecchio Continente.