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Ecco la discutibile ottava meraviglia del mondo: il monumento vivente al petrolio nel paese della Cop sul clima

C'è chi racconta: "La puzza di benzina si sente anche in città". Si sta candidando a essere il meeting più fossile della storia.

Stefania Divertitodi Stefania Divertito   

Nel Mar Caspio, il lago più grande del mondo, galleggia la città di Neft Dasları. ''Rocce di petrolio'', questo il significato del suo nome, è un groviglio di pozzi petroliferi e siti di produzione collegati da chilometri di ponti a circa 95 chilometri dalla costa della capitale dell'Azerbaigian, Baku, e a diverse ore di navigazione dalla terraferma. Gli azeri, che stanno ospitando la Cop29, la conferenza dell'Onu sul clima, la definiscono con orgoglio l''ottava meraviglia del mondo'. Considerata dal Guinness dei primati la più antica piattaforma petrolifera offshore del mondo, Neft Daslari al suo apice contava più di 5.000 abitanti.

L'oro nero che ha creato la "meraviglia"

Negli ultimi decenni, tuttavia, la popolazione è diminuita, e diverse sezioni sono cadute in rovina fino a sprofondare nel mare. La piattaforma rimane stoicamente in funzione, anche se la sua esistenza è paradossalmente minacciata dalla lotta alla crisi climatica, con i partecipanti della COP29 pronti a discutere delle modalità per discostarsi gradualmente dai combustibili fossili. ''Rocce di petrolio'' nacque in epoca sovietica. Alla fine degli anni '40, i lavoratori del settore petrolifero sbarcarono su un'isoletta e costruirono un impianto di perforazione e una piccola casa per l'alloggio. Dal primo pozzo esplorativo perforato nel 1949 emerse una fontana di ''oro nero''. Nel 1951 tornò a terra la prima nave cisterna carica di petrolio, e così partì la costruzione di una vera e propria città, sostenuta da pali metallici piantati nel fondale marino e arroccata a diversi metri di altezza. A lavori ultimati era composta da quasi 2.000 pozzi e circa 320 siti di produzione, collegati da più di 120 chilometri di ponti e oltre 70 chilometri di oleodotti e gasdotti.

Sette navi abbandonate protegogno dal vento

A proteggere i pozzi da vento e onde ci sono le carcasse di sette navi abbandonate.Neft Daslari è oggi una vera e propria cittadina, con blocchi di alloggi per i lavoratori, una panetteria, un teatro con centinaia di posti a sedere, negozi, strutture mediche, un campo da calcio e un eliporto. Sulle strutture in acciaio sono stati piantati persino alberi e un parco. Ha prodotto quasi 180 milioni di tonnellate di petrolio nei suoi 75 anni di vita, secondo la compagnia petrolifera statale azera Socar, che possiede e gestisce il giacimento.

Acque sospette nel mar Caspio

Con il calo della produzione di petrolio, la popolazione della città si è ridotta a circa 2.000 persone, con i lavoratori che di solito fanno turni di 15 giorni in mare e poi 15 giorni a casa sulla terraferma. La lunga storia di 'Rocce di petrolio' potrebbe essere quasi al capolinea. L'organizzazione di Gahramanli ha sollevato per anni preoccupazioni per l'inquinamento causato da Neft Daşları, segnalando versamenti di acque reflue non trattate pompate nel Mar Caspio. Socar fa sapere che i sistemi chiusi vengono utilizzati per far circolare, immagazzinare e smaltire tutti i fluidi derivanti dalla produzione di petrolio. 

Nonostante il declino della città, Socar ritiene che Neft Daşları rimanga ''una risorsa attiva con un ruolo unico'' per l'Azerbaigian, aperta anche agli stranieri che vogliono visitarla. Gahramanli ha ammesso che la situazione dell'inquinamento è migliorata in vista della COP29 di Baku, dove i leader mondiali si stanno riunendo per discutere della crisi climatica causata dall'utilizzo di combustibili fossili. Da tempo ci si chiede cosa ne sarà di questa enorme città acquatica quando il petrolio si esaurirà, e decisioni difficili attendono le autorità: smantellare la città con costi enormi, trasformarla in un luogo di villeggiatura o semplicemente abbandonarla, ''aprendo la strada a un grave disastro ecologico''. Per ora la città rimane, ancora produttrice di petrolio, un simbolo arrugginito di un'industria in lento declino.

Stefania Divertitodi Stefania Divertito   
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