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Biodiversità, ultima chiamata per salvare gli ecosistemi: un evento determinante per il futuro del Pianeta

Il 7% del Pil mondiale distrugge le basi della nostra sopravvivenza sul Pianeta. A Roma i tempi supplementari della Cop16. Pochi però ne parlano

Stefania Divertitodi Stefania Divertito   
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In queste ore e per tre giorni Roma sarà protagonista di un evento internazionale di portata determinante per il futuro del Pianeta, ma pochissimi ne parlano. Uno di quegli eventi per i quali servirebbe una intelligenza collettiva e generosa per poter sbloccare un impasse deleterio. Servirebbe, come ha efficacemente scritto il giornalista Ferdinando Cotugno su Domani, un "whatever it takes". Eppure non appare nelle agende politiche, governative e non occupa il posto che meriterebbe nei media mainstream.

Partiamo da un numero, che apprezzeranno coloro che basano scelte e opinioni sull'economia della produzione: più della metà del Pil mondiale dipende dalla Natura e dai suoi servizi. Per la precisione 58 mila miliardi di dollari, secondo il "Living planet report" del Wwf. Eppure circa 7mila miliardi di dollari si riversano ogni anno in attività che alimentano la crisi naturale e climatica sotto forma di finanza privata, incentivi fiscali e sussidi pubblici che aggravano il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi. Quindi il 7% del Pil mondiale distrugge le basi della nostra sopravvivenza sul Pianeta. In questo gioco - si fa per dire - al massacro, arrivano i tre giorni romani. Si svolgono alla Fao i tempi supplementari della Cop16 di Cali, in Colombia, conclusasi a fine ottobre con un nulla di fatto.

Obiettivi ambiziosi per la salvezza del Pianeta

Ma cosa avrebbe dovuto stabilire la Cop16 nel 2024? Proteggere il 30% delle aree marine e terrestri entro il 2030, rendere operativo l'obiettivo stabilito a Montreal. E trovare i fondi per ridurre sperequazioni e disuguaglianze nord sud: servono 200 miliardi di dollari per la tutela degli ecosistemi. Per chi pensa che sono tanti, troppi, basti sapere si potrebbero tagliare 500 tra quelli spesi per i sussidi dannosi all'ambiente. Ricordiamocene nel dibattito di questi giorni sull'aumento dei budget nazionali per la corsa alle armi. A chi ritiene che tutto sommato possiamo fare a meno della Natura, c'è una sola risposta: no. Inoltre dagli ecosistemi naturali dipende anche la maggior parte della ricerca scientifica, inclusa quella sui farmaci e gli apparati elettromedicali. 

La sessione di Roma - spiega il Wwf - rappresenta "un momento cruciale per raggiungere un accordo sui finanziamenti per la biodiversità rilanciando anche il dialogo tra i Paesi del Nord e del Sud del mondo". Il tema è quello della disparità tra i due emisferi, non in senso metaforico. La società civile non si fa distrarre: in queste ore a Roma ci sono anche flash mob, convegni, manifestazioni per tenere alta l'attenzione. 

Secondo il report è possibile riportare "in equilibrio la bilancia del nostro sistema finanziario globale per conseguire così gli obiettivi legati alla natura, al clima e allo sviluppo sostenibile". E, in base ai calcoli dell'Ipbes (la Piattaforma intergovernativa delle Nazioni Unite con il compito di valutare lo stato della biodiversità e dei servizi eco-sistemici), "un'azione immediata per la biodiversità potrebbe generare un valore di oltre 10 trilioni di dollari e sostenere 395 milioni di posti di lavoro a livello globale entro il 2030".

Ed ecco altri numeri, che rendono imperdonabile la distrazione di questi giorni: il 73% delle specie di vertebrati ha visto il declino negli ultimi 50 anni. Il 22 per cento dei mammiferi, il 13 per cento degli uccelli e quasi il 30 per cento degli anfibi è a rischio estinzione.

Sul tavolo della Cop16 due sono quindi i temi principali: il Fondo globale per la biodiversità per finanziare la salvaguardia dell'ambiente e la definizione di un sistema di monitoraggio dei progressi nazionali. Come per il clima anche per la protezione della natura a pagare, spesso il prezzo più alto, sono i Paesi poveri che custodiscono le aree più ricche di biodiversità. Ma i Paesi industrializzati, che guadagnano dalle risorse naturali, non pensano che a sborsare i quattrini debbano esser soltanto loro; anzi ritengono che alcuni Paesi emergenti dovrebbero contribuire ai finanziamenti. Ed è questo passaggio che si gioca tutto sul filo di quel divario. Vale per la Cop16 ora a Roma ma il risultato avrà riflessi non scontati sulla prossima Cop, la 30esima, sui cambiamenti climatici alla fine dell'anno a Belem in Brasile.

 

 

Stefania Divertitodi Stefania Divertito   
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