L'allarme Onu sul clima: 10 anni per fermare il riscaldamento globale
L'esercito di scienziati riunito dall'Onu è uscito, questa settimana, con una sorta di sintesi, che rappresenta una diagnosi pressochè definitiva. Probabilmente, riusciremo ad evitare la catastrofe
Dopo sei rapporti sui diversi aspetti dello stato del clima nell'arco di un decennio, l'esercito di scienziati riunito dall'Onu è uscito, questa settimana, con una sorta di sintesi, che rappresenta una diagnosi pressochè definitiva. Con una buona notizia: probabilmente, riusciremo ad evitare la catastrofe, a fine secolo, di un riscaldamento della temperatura media globale di 4 gradi, che avrebbe aperto scenari quasi apocalittici. Le iniziative di questi anni in materia di solare, eolico, auto elettriche, risparmio energetico hanno dato, insomma, qualche frutto. Ma il superrapporto Onu è, ugualmente, più allarmante che mai. E non perché gli ambientalisti non sanno accontentarsi. C'è, infatti, anche una cattiva notizia e pesa più di quella buona. Le inondazioni, le siccità, le ondate di calore, le gelate, gli uragani, cioè la moltitudine di eventi estremi registrati, sempre più spesso, in questi anni, mostrano, infatti, che i danni del cambiamento climatico sono più grandi e più rapidi di quello che si pensava ancora nel 2014. Per dirla in modo semplice, abbiamo scoperto che non servono quattro gradi in più per scatenare il disastro climatico: ne bastano due o tre. E ci siamo quasi. Anzi, dice il rapporto, nelle aree più delicate del pianeta come i tropici, gli atolli, le zone polari, quelle costiere o le montagne, il limite massimo di resistenza e di adattamento è già stato raggiunto: oltre c'è l'imprevedibile.
Manuale di sopravvivenza
Il segretario dell'Onu, Antonio Guterres, ha definito il rapporto dell'Ipcc (la sigla del gruppo che raccoglie centinaia di scienziati del clima) “un manuale di sopravvivenza”, perché individua i rischi che abbiamo di fronte e il percorso per evitarli. E' una strada, però, sempre più in salita. Dieci anni fa, ci confrontavamo con un riscaldamento globale di 1 grado, rispetto all'era preindustriale. Oggi, siamo già ad un riscaldamento di 1,1 gradi e l'obiettivo fissato, nel 2015, fermarsi a 1,5 gradi, è sempre più sfuggente. Abbiamo una finestra di dieci anni per evitare di superare quel limite e quella finestra è ormai aperta solo di un pertugio che si fa sempre più stretto. Secondo il rapporto, infatti, ci sono più del 50 per cento di probabilità che un riscaldamento globale di 1,5 gradi venga raggiunto già nel 2035, senza possibilità di tornare indietro. Nonostante i tanti buoni propositi, i segnali che arrivano vanno nella direzione sbagliata: l'anno scorso abbiamo registrato un record nelle emissioni di anidride carbonica. E il futuro che fanno intravedere i due maggiori creatori di effetto serra – Cina e Usa – è anche peggiore. Pechino, l'anno scorso, ha rilasciato ben 168 permessi per la costruzione di centrali a carbone. Washington ha appena autorizzato lo sfruttamento di un megagiacimento nel territorio vergine dell'Alaska.
Basta combustibili fossili
Invece, secondo l'Onu, le infrastrutture per lo sfruttamento dei combustibili fossili andrebbero non aperte, ma chiuse o cancellate: quelle che già esistono o stanno per entrare in funzione, sono sufficienti per sfondare il tetto dei 1,5 gradi e arrivare a 2.
Il percorso virtuoso ha paletti precisi e vincolanti: le emissioni di anidride carbonica devono cominciare a ridursi globalmente a partire dal 2025 ed essere inferiori del 60 per cento, rispetto ad oggi, entro il 2035, altrimenti l'obiettivo di emissioni zero nel 2050 non sarà raggiunto. Per arrivarci, occorre triplicare i 600 miliardi di dollari che, attualmente, vengono investiti, ogni anno, nelle tecnologie sostenibili. Investire dove? Le tecnologie più efficienti per ridurre le emissioni, secondo il rapporto, sono, nell'ordine: l'energia solare, quella del vento e la cattura delle emissioni di metano dai pozzi del petrolio e del gas. Gli scienziati dell'Onu credono poco, invece, a tecnologie - ancora tutte da dimostrare, secondo loro – per la cattura e il sequestro dell'anidride carbonica, una volta emessa. E', invece, la tecnologia su cui più puntano i paesi produttori di petrolio, come molte aziende di Big Oil, perché lascia spazio all'industria petrolifera. Sulle parole da spendere, nel rapporto (che quasi 200 governi hanno specificamente vistato), su questi interventi di recupero si è svolto un duro braccio di ferro, nei giorni che hanno preceduto il varo del documento. Sarà il tema centrale di scontro nelle prossime conferenze Onu sul clima.
Dibattito aperto
Ma tenere ferma la barra sul tetto a 1,5 gradi, invece che, ad esempio, 2 gradi, è poi così determinante? Sul tema, il dibattito è aperto, ma il rapporto Onu interviene con decisione. Il mondo, dicono gli scienziati, non finisce a 1,5 gradi e neanche a 1,6 o 1,7. Ma la differenza fra l'aumento di 1,5 gradi o di 2 è netta. Entro 1,5 gradi, il pianeta avrà ancora le barriere coralline (con tutto quello che significano per la catena alimentare dei pesci) e il ghiaccio sull'Artico d'estate (con tutto quello che significa per il clima dell'emisfero settentrionale. A 2 gradi, né l'una, né l'altro. E, in ogni caso, sulla base degli impegni esistenti, il pianeta viaggia verso i 2,8 gradi in più a fine secolo. Auguri.