Al via il più grande disastro ambientale del pianeta, l’acqua radioattiva di Fukushima sarà rilasciata in mare
Il Giappone comunicherà oggi al mondo il proprio piano. Disapprovazione dei Paesi vicini, tra cui la Cina e la Corea del Sud. A rischio tutti gli ecosistemi

Sarà annunciato in pompa magna proprio oggi, quello che in tanti definiscono il più grande disastro ambientale del pianeta. A 10 anni dal drammatico terremoto, e dal successivo tsunami che colpì la Centrale nucleare di Fukushima 1 Dai-ichi - impianto della Tepco che si trovava nella parte nord-orientale dell’isola di Honshu -, il Governo ha deciso di gestire l’emergenza “nascondendo il problema sotto un tappetto”. L’acqua utilizzata per raffreddare i reattori sarà infatti scaricata semplicemente in mare.
Per il mondo un nuovo problema
Come molti già sapranno non stiamo parlando di qualche secchio di scorie (e la cosa in un Paese civile sarebbe vista comunque già così come un crimine) ma di 1.23 milioni di tonnellate d’acqua contaminata… Inutili le proteste dei pescatori, come inutili sono state anche le opinioni contrarie delle associazioni ambientaliste. Il Governo, l’ultimo dei tanti avvicendatosi dal giorno dell’incidente, ha deciso di trasformare un proprio problema in un problema del mondo. Il piano operativo, se di piano si può parlare quando lo stesso prevede banalmente l’apertura dei rubinetti, dovrebbe essere reso pubblico nella giornata di oggi, lunedì 13 aprile.
"L'acqua non rappresenta un pericolo"
Nel corso di una riunione del Consiglio dei Ministri, dopo oltre sette anni di inutili discussioni, il mondo conoscerà la strategia dei nipponici. Secondo il Governo l’acqua trattata contiene “soltanto” trizio radioattivo, un sottoprodotto dei reattori nucleari. Nulla di cui preoccuparsi, secondo gli esperti giapponesi, che poi aggiungono: anche bevendo l’acqua non sarebbe realistico un vero accumulo dell’elemento. Naturalmente nessuno di loro ha voluto dimostrare l’insana teoria mandando giù un bel sorso di quell'acqua. L’elemento, spiegano “sarebbe comunque escreto, vista anche la sua bassa concentrazione”. Per un essere vivente sarebbe possibile (dicono dal Giappone) persino immergersi in quell’acqua, senza alcuna conseguenza. Tutte teorie, che non sembrano convincere gli esponenti dell’industria della pesca, i consumatori locali, gli ambientalisti e neppure i paesi vicini, come Corea del Sud e Cina, che protestano a gran voce.
La verità nascosta
A rovinare gli annunci quasi propagandistici per quest’acqua che, continuando di questo passo, rischia di esser presentata al mondo persino per le incredibili proprietà benefiche per il corpo, ci ha pensato però Zhao Lijian, il portavoce del ministero degli Esteri cinese: “La fuoriuscita di materiale radioattivo causata dall’incidente nucleare di Fukushima in Giappone ha avuto un profondo impatto sull’ambiente marino, sulla sicurezza alimentare e sulla salute umana. Il governo giapponese dovrebbe divulgare informazioni adeguate e prendere una decisione attenta basata sulla piena consultazione con i Paesi vicini”.
Protestano i Paesi vicini
E la Corea del Sud si appella agli organismi internazionali, affinché non restino a guardare senza far nulla. “Abbiamo sempre sottolineato che il governo giapponese ha bisogno di trattare in modo trasparente le informazioni su come gestisce l’acqua contaminata - ha spiegato il ministro degli Esteri della Corea del Sud -. Ma a nulla sono valse, a quanto pare, le opposizioni”. Il governo giapponese, infatti, non può più rinviare la decisione sullo smaltimento. Ad oggi sono stati stoccati oltre 1000 fusti di acqua radioattiva e, andando avanti di questo passo, con una media di circa 140 tonnellate al giorno, lo spazio sarà esaurito entro la fine dell’estate.
C’è da chiedersi il perché, dato che si tratta banalmente di “acqua fresca”, il Giappone non possa installare altri serbatoi…
La risposta a questa domanda arriva dallo stesso governo nipponico che sostiene ci sia la necessità di liberare spazio nei locali per consentire la conservazione - tra le altre cose - di detriti altamente radioattivi che verranno presto estratti dai reattori danneggiati: soltanto un primo passo in un processo di bonifica e decontaminazione che potrebbe durare almeno fino al 2051.