Robot nel cuore della centrale nucleare di Fukushima, nelle immagini catturate il materiale radioattivo nel fondo del reattore
Ciò che ha registrato il rover è soltanto una piccola parte del materiale che si trova nel reattore. Secondo gli esperti vi sono infatti almeno 900 tonnellate di combustibile nucleare fuso
Sono trascorsi quasi 11 anni dall’incidente alla centrale nucleare Dai-ichi di Fukushima, in Giappone, ma ancora oggi l’uomo non ha potuto mettere in sicurezza l’intera area, a causa delle radiazioni estremamente elevate e dunque letali. Benché in alcune parti dell’impianto siano impegnati ingegneri e tecnici, per poche ore al giorno e con tanto di speciali protezioni, l’intera area è sottoposta a forti restrizioni. A svolgere i lavori più pericolosi, quelli impossibili per l’uomo, ci sono ovviamente le macchine. Dei robot, e una moltitudine di veicoli pilotati a distanza, consentono agli specialisti sul campo di esplorare le zone più inaccessibili. E proprio una di queste macchine è stata usata per ispezionare il fondo di uno dei tre reattori più danneggiati.
Nel cuore del reattore nucleare
Il controllo remoto ha permesso di visionare lo stato della piscina. Le immagini catturate dal robot mostrano dei veri e propri cumuli di combustibile fuso (manco a dirlo altamente radioattivo). A detta degli ingegneri nei tre reattori si troverebbero circa 900 tonnellate di questo materiale, che dovrà esser rimosso - si ipotizza - nell’arco dei prossimi 40 anni: naturalmente questa è una stima che potrà esser rivista col passare del tempo. Già in passato (nel 2017) si era tentato di filmare all’interno del reattore, ma gli alti livelli delle radiazioni avevano “fritto” il malcapitato robot, costringendo il team di ingegneri a trovare soluzioni più efficienti.
Melted fuel, I say melted fuel ! at Fukushima reactor - OK its a given, but how on earth will this be salvaged ? When nuclear goes wrong, it really goes wrong.https://t.co/Yh81PyALjY #nuclear #Fukushima
— Dr Paul Dorfman (@dorfman_p) February 11, 2022
Aiea perplessa sul rilascio dell'acqua radioattiva in mare
Intanto i lavori di messa in sicurezza all’interno della centrale Dai-ichi, gestita dalla Tokyo Electric Power (Tepco), proseguono. L’Agenzia internazionale dell'energia atomica (Aiea) avrebbe espresso perplessità sul piano votato dal governo giapponese che prevede di rilasciare nell'oceano l'acqua radioattiva, accumulata nelle cisterne posizionate poco lontane dai reattori di Fukushima. Il gruppo di 15 esperti internazionali giunti a Tokyo, una delegazione composta da scienziati provenienti anche da Cina e Corea del Sud, dovranno valutare l’impatto del rilascio e le ripercussioni a lungo termine sull’ambiente. Benché il sistema di filtraggio riesca a rimuovere gran parte degli elementi nocivi presenti nell’acqua utilizzata per raffreddare i reattori danneggiati, resta il “dilemma trizio”, isotopo radioattivo dell’idrogeno. Per la comunità scientifica questo elemento rischia di contaminare l’intero ecosistema, mentre da Tokyo sostengono l’esatto contrario.

Manca ancora una soluzione, ma le cisterne sono ormai piene
La decisione del governo era stata annunciata lo scorso aprile, a fronte dell'eccessivo stoccaggio di acqua radioattiva nelle cisterne, arrivate al massimo della loro capacità, oltre un milione di tonnellate ad oggi. L’Aiea, inizialmente, aveva supportato il piano giapponese, asserendo che l’operazione rispettava gli standard internazionali dell’industria nucleare. Di diverso avviso l’industria della pesca e i residenti della prefettura di Fukushima, danneggiati pesantemente dall'ostilità dei Paesi vicini e il blocco alla importazione dei prodotti agricoli locali. Inevitabile dunque la revisione dell'Aiea, che avrà 5 giorni per determinare i reali rischi. Qualora il team dell’Agenzia internazionale dell'energia atomica dovesse confermare l’assenza di rischi la Tepco avvierà i lavori per la costruzione di un tunnel (lungo 1 Km) che agevolerà lo sversamento dell’acqua “ripulita” in mare. Quest’ultima fase prenderà il via a inizio primavera del prossimo anno.
A cura di Roberto Zonca