Gas naturale e centrali nucleari non hanno futuro, l’appello degli scienziati europei: “Si punti sulle rinnovabili”
Ecco perché le due strategie, abbracciate dall’Unione europea, risultano inefficaci e inutili nella lotta ai cambiamenti climatici in corso
Il nuovo rapporto “Future of Gas” dell’’European Accademies Science Advisory Council (Easac) smonta completamente il percorso politico che ha portato la Commissione europea a includere il gas e il nucleare tra le energie finanziabili secondo la Tassonomia Verde; «il gas naturale non è più pulito di altri combustibili fossili e il suo utilizzo al posto del carbone o del petrolio rischia di ottenere una riduzione minima o nulla degli effetti dei gas serra». L’Easac riunisce 25 accademie nazionali delle scienze degli Stati membri dell’Unione europea e le accademie nazionali delle scienze di Norvegia, Svizzera e Regno Unito e nel nuovo rapporto i suoi scienziati evidenziano «l’altissimo potenziale di riscaldamento globale delle perdite di metano in gran parte non registrate lungo l’intera catena di approvvigionamento del gas naturale. Per mitigare il cambiamento climatico, è fondamentale smettere di utilizzare tutti i combustibili fossili, vietare le nuove caldaie a gas naturale e aumentare massicciamente la produzione di elettricità rinnovabile».
Per sostituire il gas del gasdotto russo, gli Stati membri dell’Ue, Italia in testa, si sono rivolti al gas naturale liquido (GNL) proveniente da Paesi extraeuropei e William Gillett, direttore del programma energetico dell’Easac ha commentato: «Comprendiamo che questo è un compromesso necessario come misura di emergenza per assicurarci di tenere le luci accese, le persone al caldo e le industrie in funzione. Ma poiché ci stiamo lasciando alle spalle l’immediata dipendenza dalla Russia, dobbiamo eliminare completamente il gas e aumentare le energie rinnovabili. Non possiamo discutere la nostra via d’uscita senza cambiamenti drastici. Il clima non scende a compromessi».
All’Easac, ricordano che «le emissioni di metano hanno una durata nell’atmosfera di soli 10 anni circa, che è 10 volte inferiore a quella dell’anidride carbonica. Tuttavia, il suo potenziale di riscaldamento globale in 20 anni è oltre 80 volte quello dell’anidride carbonica, il che significa che è molto più distruttivo». Neven Duić, presidente dell’energy steering panel dell’Easac, aggiunge: «Finora, abbiamo valutato l’impatto delle emissioni di gas serra in un arco di tempo fino a 100 anni. E non c’è niente di sbagliato in questi calcoli. Tuttavia, il cambiamento climatico sta progredendo così velocemente che ora dobbiamo concentrarci sugli impatti entro i prossimi 10 anni. Ecco perché non c’è alternativa alla sostituzione immediata del gas naturale con fonti rinnovabili».
Gran parte di 65 milioni di caldaie installate nell’Ue per riscaldare gli edifici sono a gas e 8 Paesi i membri hanno già adottato misure per vietare l’installazione di nuove caldaie a gas o per imporre livelli elevati di energie rinnovabili negli edifici. Per Duić, «tali azioni dovrebbero essere stimolate in tutta Europa» e il rapporto raccomanda le pompe di calore e il teleriscaldamento come alternative pronte all’uso e rispettose del clima alle caldaie a gas e sottolinea che «il riscaldamento, a differenza dell’elettricità, è un mercato molto locale. Le strutture e le normative edilizie, il clima locale, la densità della domanda e la disponibilità di fonti di calore rinnovabili o di scarto influenzano quale dovrebbe essere la scelta migliore per ogni distretto o edificio. Pertanto, le città devono integrare la transizione nella pianificazione urbana e impegnarsi con i proprietari e gli utenti del sistema di riscaldamento».
Inoltre, è fondamentale che questo processo tenga conto delle ingiustizie sociali. Gillett evidenzia che «non tutti hanno i soldi o abbastanza credito con le banche per uscire e comprare un nuovo sistema di riscaldamento. Il successo dell’Europa nella riduzione delle emissioni di gas serra richiede lungimiranza, sensibilità sociale e meccanismi di sostegno mirati ai gruppi e alle famiglie più vulnerabil».
Le compagnie di distribuzione e fornitura di gas spesso sostengono la necessità di sostituire progressivamente il gas con l’idrogeno, il che consentirebbe loro di mantenere in funzione le proprie risorse per gli anni a venire. Ma per Anne Neumann, presidente del gruppo di lavoro Easac, da un punto di vista scientifico, questo approccio promette ben poco per riscaldare le case in modo più pulito «la miscelazione del 10% di idrogeno nel gas naturale fornisce solo l’1% di riduzione di CO2, il che non è un buon uso di un prezioso vettore energetico che sarà necessario in settori difficili da abbattere. Prevediamo una domanda in rapida crescita di idrogeno e combustibili derivati dall’idrogeno in alcuni settori e per i trasporti pesanti».
Per molto tempo, il gas è stato visto come il ponte ideale per passare dal carbone all’azzeramento delle emissioni di carbonio entro il 2050. Qualcuno in Italia – sia al governo che all’opposizione – continua ancora a presentare le cose così e in alcuni Paesi il gas è diventato il principale combustibile per produrre elettricità. Il rapporto “Future of Gas” dell’Easac chiarisce che «Questa è una strada senza uscita».
Duić spiega che «il gas naturale non dovrebbe più essere considerato un’opzione transitoria. Tutta la produzione di elettricità e il riscaldamento basati sulla combustione alimentano letteralmente il riscaldamento globale e devono essere sostituiti da fonti rinnovabili come l’eolico, il solare o l’idroelettrico».
Il rapporto analizza anche le possibilità di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e il nucleare e Gillett conclude facendo notare che «il prossimo decennio è decisivo per tenere sotto controllo il cambiamento climatico, ma la fusione è ancora agli inizi e né la CCS né le nuove centrali nucleari basate sull’attuale tecnologia dei piccoli reattori modulari possono essere costruite abbastanza rapidamente. Inoltre, in molte regioni, le centrali nucleari rischiano di diventare vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico, come la scarsità di acqua di raffreddamento».
A cura di GreenReport.it