Disastro Fukushima, i super esperti giapponesi non hanno più idee: “Scaricate l’acqua radioattiva nell’Oceano Pacifico”
L’incidente alla centrale nucleare Fukushima Daiichi potrebbe avere effetti negativi ben più gravi del previsto. L’emergenza, andata a calare sui media di tutto il mondo, risulta infatti ancora in corso. I serbatoi installati accanto alla centrale nucleare, contenenti complessivamente 1,2 milioni di tonnellate di acqua radioattiva, sono ormai pieni. Il governo, non sapendo più come gestire il materiale contaminato affidò la soluzione del problema ad un team di super esperti che ora, a distanza di poco più di un mese dalla sua istituzione, ha finalmente reso noto il piano d’azione: “Scaricare l’acqua radioattiva direttamente nell’Oceano Pacifico”.
Una soluzione che sa più di beffa e che ha fatto infuriare le associazioni ambientaliste, prima fra tutte Greenpeace Japan. Con una nota stampa diffusa lo scorso 31 gennaio la Ong si è scagliata contro le istituzioni: “La proposta scelta dalla segreteria della sottocommissione presenta il minor costo finanziario per il Giappone ma pone la minaccia più immediata per l’ambiente e sottolinea il completo fallimento del governo nel considerare alternative più sicure”. Ma senza proposte non si riuscirà a venire a capo dell’emergenza. Attorno alla centrale nucleare ci sono migliaia di serbatoi ormai pieni. Il limite massimo, ha avvertito la Tokyo Electric Power Company (Tepco), che sta gestendo la dismissione del cuore radioattivo della centrale nucleare, è di 1,37 milioni di tonnellate di acqua, limite che sarà raggiunto irrimediabilmente entro l’estate del 2022.
Per far digerire al mondo l’inquietante decisione, la sottocommissione ha voluto ribadire che in passato qualcosa del genere è stata fatta da altri Paesi. Le acque contaminate, contenenti trizio, finirebbero col diluirsi nell’oceano, “ma non prima di un trattamento che permetterebbe di abbatterne i livelli al di sotto degli attuali standard di sicurezza”.
I pescatori della prefettura, dopo anni di restrizioni, hanno ribadito il loro fermo no allo scarico delle acque. Un gesto così sconsiderato, oltre a causare gravi conseguenze per l’ambiente, danneggerebbe irrimediabilmente l’immagine del paese e di tutti i suoi prodotti che, ancora oggi, vengono commercializzati nel mondo. La sottocommissione, del resto, ha ammesso che un’azione di questo tipo avrebbe ripercussioni economiche non trascurabili. Ma l’unica opzione ancora sul tavolo, anche questa discutibile, è la vaporizzazione dell’acqua contaminata nell’atmosfera: ma questa avrebbe ripercussioni per un’area ben più vasta e allo stato attuale non è ben chiaro come monitorare i rischi per la salute dell’uomo.
Insomma, una soluzione al problema non sembra esistere. Le opzioni sul tavolo sono soltanto due: scaricare l’acqua nell’oceano o vaporizzarla in atmosfera… Eppure da un team di super esperti ci si sarebbe aspettato qualcosa di più. E Greenpeace Japan sospetta che i ricercatori non stiano in realtà agendo nell’interesse del Giappone (e del mondo): “Negli ultimi mesi, la sottocommissione è riuscita a ottenere la conferma da parte di TEPCO della disponibilità di ulteriore spazio di stoccaggio per l’acqua radioattiva. Tuttavia, i funzionari del governo (che lavorano per il METI) che controllano la sottocommissione hanno spinto per il progetto di proposta odierno con la falsa premessa che lo spazio per continuare lo stoccaggio dell’acqua si stava esaurendo”.
Greenpeace vuole vederci chiaro e invita le autorità nipponiche a una decisione più responsabile: “Non esiste alcuna giustificazione per un ulteriore inquinamento radioattivo deliberato dell’ambiente marino o dell’atmosfera – evidenzia Shaun Burnie, esperto di nucleare di Greenpeace Deutschland -. Qualsiasi decisione di scaricare oltre un milione di tonnellate di acqua altamente radioattiva nel Pacifico o nell’atmosfera è chiaramente una manaccia diretta per la popolazione di Fukushima, compresi i pescatori. Tuttavia, questo non è solo un problema interno e il governo del Giappone deve spiegare alla comunità internazionale perché sostiene lo scarico dell’acqua nell’Oceano Pacifico o il rilascio nell’atmosfera senza riuscire a sviluppare soluzioni alternative. Lo sviluppo odierno rende Greenpeace più determinata a fermare queste scarichi radioattivi”. “L’opzione meno dannosa per l’ambiente – evidenzia Greenpeace Japan - è lo stoccaggio a lungo termine dell’acqua radioattiva in serbatoi robusti, insieme all’applicazione della tecnologia di elaborazione più avanzata per rimuovere tutti i radionuclidi, incluso il trizio”.