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In mare l'acqua contaminata della centrale nucleare di Fukushima, Nazioni Unite chiedono alternative

Il piano del Giappone non convince i residenti che vivono o lavorano nell’area, ma neppure l’Onu che sembra meno ottimista dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica

di R.Z.   
Foto Ansa
Foto Ansa

Le Nazioni Unite dicono no al piano del Giappone che prevede di riversare in mare l’acqua contaminata usata per raffreddare i reattori della centrale nucleare di Fukushima, distrutta dallo tsunami che ha colpito duramente il Paese nel 2011. Il progetto, benché approvato dall’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea), non piace all’Onu che invita tutte le parti in causa a rivalutare le decisioni prese e a trovare alternative che non mettano in pericolo l’intera umanità. Nei silos installati nell’area dell’ex centrale nucleare sono stoccati oltre 1 milione e 250 mila tonnellate di acque pesantemente contaminate, acque che contengono  diversi isotopi, tra i quali anche il trizio.

Dal Giappone, e dalla Tepco, la più grande società elettrica del Paese che gestiva la centrale prima dell’incidente e che ora - a proprie spese - dovrà mettere in sicurezza l’impianto, arrivano soltanto rassicurazioni: il trizio se disciolto in grandi quantità d’acqua risulta innocuo per la salute umana o l’ambiente marino. Parole che non convincono. Liberare l’acqua in mare è di fatto la soluzione più veloce ed economica per la Tepco. Diversamente, per far fronte all’emergenza, servirebbero ingenti capitali che la società possiede ma vuole investire altrove.

Secondo le Nazioni unite, “il rilascio di un milione di tonnellate di acqua contaminata nell'ambiente marino comporta rischi considerevoli per il pieno godimento dei diritti umani delle popolazioni interessate all'interno e all'esterno dei confini del Giappone". La nota delle Nazioni unite, a firma di Marcos Orellana (relatore speciale sulle sostanze tossiche e i diritti umani), Michael Fakhri (relatore speciale sul diritto all'alimentazione) e David Boyd (relatore speciale sui diritti umani e l'ambiente), va ad aggiungersi a quelle di associazioni ambientaliste e governi che, come la Cina, la Corea del Sud e Taiwan, si dicono estremamente preoccupati per le possibili ripercussioni negative che un’azione di questo tipo può sull’ambiente, gli ecosistemi e la salute umana.

“La decisione – si legge nella nota delle Nazioni Unite - è particolarmente deludente, perché gli esperti ritengono che siano disponibili soluzioni alternative al problema”. Stando ad analisi svolte da Greenpeace nel 2020, le acque di Fukushima conterrebbero anche altri contaminanti che - contrariamente a quanto sostengono governo e Tepco - il sistema Alps non sarebbe in grado di trattenere. Prima di esser semplicemente riversata in mare l’acqua di Fukushima necessiterebbe di ulteriori filtraggi e accurati trattamenti.

di R.Z.   
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