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I cambiamenti climatici sono un’invenzione, e nel mentre affonda la prima isola d’America: addio a Gardi Sugdub

L'isolotto si trova a largo di Panama. Per i suoi 1300 residenti una sola opzione, il ricollocamento sulla terraferma: ma i lavori vanno a rilento

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C’è chi ancora ritiene che i cambiamenti climatici siano soltanto l'emergenza inventata dai poteri forti per distogliere l’attenzione delle masse da altri temi. Eppure i segnali per capire che qualcosa sta cambiando, a livello globale, ci sono tutti. L’ultimo grido d’allarme arriva da Gardi Sugdub, un isolotto che si trova a largo di Panama. Il Mar dei Caraibi, in barba a quanti credono o non credono ai cambiamenti, si sta riprendendo ciò che centinaia di migliaia di anni fa era di sua proprietà.

E i suoi occupanti?

L’isolotto, grande quanto 5 campi da calcio, ospita oggi poco meno di 1.300 abitanti, tutti indigeni del popolo Guna. Il mare, un tempo protettore che forniva anche sostentamento agli esseri umani, sta diventando un pericoloso avversario. L’isola, che si elevava di circa un metro rispetto al livello del mare, sta scomparendo all’innalzarsi delle acque. E Gardi Sugdub non è la sola isola in pericolo. Nell’arcipelago vi sono 38 isole (e 28mila persone) che stanno vivendo il medesimo incubo, ma nessuno sembra poter o voler far nulla per evitare l’imminente disastro.

Un disastro annunciato

L’ultimo rapporto dell’Intergovernamental panel on climate change (Ipcc) stima un incremento dei livelli marini di oltre 27 centimetri. Sembrano pochi, ma va ricordato ancora una volta che l’isola, e come lei altre allo stesso modo, si erge a pelo d’acqua. “I bambini – racconta Magdalena Martínez, nel rapporto-inchiesta pubblicato da Human Rights Watch (Hrw)- non hanno luoghi dove giocare, non c’è posto per costruire altre case per i giovani che si sposano. Non abbiamo più spazio per vivere”.

Il ricollocamento come unica soluzione

L’unica soluzione è quella di abbandonare la propria casa, una scelta dolorosa ma inevitabile. Il “ricollocamento”, così è stato ribattezzato per dare all’emergenza una descrizione meno drammatica, è in piena fase di attuazione. Piccoli gruppi sono stati trasferiti sulla terraferma di Gunayala, in un’area donata agli isolani da altri nativi Guna. Grazie al supporto di organizzazioni non governative sono stati realizzati un ospedale, una scuola e ben 300 abitazioni, ma questi non sono ancora pienamente operativi. La zona, ribattezzata Isperyala (la valle dei nespoli), avrebbe dovuta esser pronta a fine settembre, ma la mancanza dei servizi essenziali rischia di far saltare tutto…

Ma il mare non attende

Il mare nel mentre continua a ingurgitare case e pontili. La scuola di Gardi Sugdub offre supporto a 653 studenti, ma soltanto pochi di loro possono seguire le lezioni stando seduti su una sedia. Oltre la metà degli iscritti si arrangia come può, sistemandosi sul pavimento o sui cornicioni. In inverno poi diventa tutto più difficile. Con i forti venti e le piogge si chiude tutto, e le lezioni vengono sospese per l’elevato rischio inondazioni. L’affollamento, e la convivenza in spazi sempre più esigui, si fa di giorno in giorno più “complicata”. E se questo non fosse abbastanza c’è pure un’altra questione che preoccupa. Con l’innalzamento del livello del mare, e l’acqua salata che si infiltra nelle condotte di quella potabile, aumentano i problemi di salute: le infezioni gastrointestinali sono ormai estremamente diffuse. Qui la lotta ai cambiamenti climatici è in pieno svolgimento, le persone in guerra, anche se per tanti il problema è un’invenzione.

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