Depressi, ansiosi, tachicardici, incapaci di gestire o di provare paura anche davanti ai peggiori predatori: le nostre medicine stanno facendo ammalare i pesci. È il risultato di un'inchiesta del Guardian che, citando numerose ricerche scientifiche, dimostra come l'ecosistema dei fiumi e marino sia compromesso.
Nell'acqua dei fiumi e poi anche del mare finiscono residui di antidepressivi, sonniferi, caffeina, e soprattutto pillole contraccettive che stanno mandando in crisi intere filiere ecosistemiche.
Gli scarichi nell'ambiente durante la produzione, l'uso e lo smaltimento dei farmaci stanno riversando miscele di ingredienti farmaceutici attivi (Api), eccipienti e prodotti di trasformazione.
L'entità di questo inquinamento è stata dimostrata in uno studio geografico su larga scala che ha misurato 61 diversi farmaci nell'acqua dei fiumi prelevati da 1.052 località in 104 Paesi, in tutti i continenti.
Circa il 43% di questi siti presentava livelli di almeno un farmaco che superavano quelli considerati sicuri per la salute ecologica.
Tutto parte dai fiumi: trote "drogate" di metanfetamina, pesci intossicati da antidepressivi che hanno perso la paura dei predatori, pesciolini che hanno sviluppato l'ansia, mentre altri nutriti con l'estrogeno sintetico utilizzato nelle pillole anticoncezionali stanno sperimentando inversioni di sesso. Dai fiumi poi i farmaci finiscono in mare e tutto l'ecosistema è a rischio.
Il Guardian cita un gruppo di scienziati che, dalle pagine di 'Nature Sustainability', lanciano un appello a gran voce: «C'è un bisogno urgente di progettare farmaci più più ecologici, che mantengano l'efficacia ma minimizzino anche l'impatto ambientale, perché la contaminazione degli ecosistemi con principi attivi sta diventando sempre più pervasiva», scrivono gli autori dell'intervento.
Inoltre particolarmente preoccupante è l'inquinamento da antibiotici che rendono i pesci resistenti e contaminano la catena alimentare. Dal Guardian gli scienziati lanciano un appello: "Sì a farmaci che tengano conto di tali rischi e soprattutto linee di produzione che riescano a bloccare le dispersioni di farmaci nell'acqua».