Difesa di clima e ambiente, Lula non è Bolsonaro: “Ecco cosa ha detto sulla foresta amazzonica”
"Si può generare ricchezza senza distruggere l'ambiente- ha spiegato il neo presidente - un albero in piedi vale più di tonnellate di legname estratto illegalmente”. La rivista scientifica Nature: “Dall'ex sindacalista investimenti in scienza e tecnologia e una politica di tutela ambientale"
L’elezione del presidente progressista Luis Inacio Lula da Silva potrebbe avere importanti conseguenze anche sulla salvaguardia dell’ambiente del Brasile e, di conseguenza, di quello del pianeta. Non bisogna dimenticare, infatti, che quando si parla della natura brasiliana, inevitabilmente, si parla anche del più importante polmone verde della Terra, ovvero della foresta Amazzonica. E su questo argomento il neo-eletto presidente è stato chiaro: “Il Brasile è pronto per lottare contro la crisi climatica e per la deforestazione zero dell'Amazzonia".
Secondo Lula, nato in una famiglia povera, nella regione brasiliana di Pernambuco, “il pianeta ha bisogno di una Amazzonia viva: un albero in piedi vale più di tonnellate di legname estratto illegalmente".
La promessa
L'ex sindacalista del partito dei lavoratori, eletto per la terza volta alla presidenza del suo Paese, dopo aver superato prove difficili, sia sotto l’aspetto politico che personale, ha annunciato che il suo governo "riprenderà la vigilanza sull'Amazzonia e combatterà tutte le attività illegali". Questo senza ostacolare gli interessi economici dello stato. "Si può generare ricchezza senza distruggere l'ambiente ma senza rinunciare alla sovranità", ha spiegato, sottolineando di essere aperto alla cooperazione internazionale per l'Amazzonia.
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Salvare l'Amazzonia, polmone verde del pianeta, anche da casa
La posizione del nuovo presidente è chiaramente in controtendenza rispetto a quella del predecessore che aveva preoccupato, e non poco, il mondo ambientalista. Qualche giorno fa la rivista Nature aveva pubblicato un editoriale in cui stigmatizzava la politica del leader della destra, accusato di aver “praticamente raddoppiato in 4 anni la deforestazione nella regione amazzonica… dove non sono stati rispettati i diritti delle popolazioni indigene". La rivista – si legge sulle agenzie - avvertiva che “se Bolsonaro riuscirà a rimanere per altri 4 anni, il danno sarà irreparabile". E sottolineava come la gestione dell'ex capitano dell'esercito fosse stata "disastrosa per la scienza, l'ambiente, il popolo brasiliano e il mondo".
L'impegno sull'ambiente in passato
La speranza che Lula abbia un diverso atteggiamento verso la problematica ambientale non si basa tuttavia solo sulle parole. A suo favore depone soprattutto quanto ha fatto in passato. “Durante i suoi precedenti governi – ricorda Nature - l'ex sindacalista ha fatto investimenti in scienza e tecnologia", accompagnando il tutto con una politica di "tutela ambientale". In effetti i dati dicono che tra il 2004 e il 2012, grazie alle politiche della presidenza Lula, la deforestazione amazzonica era diminuita da 27700 km² all'anno a 4500 km² all'anno.
Diverso invece l’operato di Bolsonaro, sotto la cui presidenza è stata alimentata a dismisura la deforestazione che ha favorito gli industriali, le multinazionali e i grandi allevatori. Anche Lancet, altra prestigiosa rivista scientifica, di ambito medico, aveva criticato la gestione di Bolsonaro.
Lula atteso da un compito difficile
Certo il compito che attende Lula non è semplice. Una politica ambientale veramente efficiente richiede di riparare anche i danni fatti dal predecessore, fanno osservare da diverse posizioni. "Lula dovrebbe intervenire nei settori dell'ambiente” oltre che “della sicurezza pubblica, dei diritti delle donne, della comunità LGBT e degli indigeni", spiega Human Rights Watch (Hrw). Ad avviso dell’organizzazione umanitaria il nuovo presidente brasiliano “dovrebbe invertire i danni arrecati alle agenzie incaricate di proteggere l'ambiente e i diritti degli indigeni e rafforzare le forze dell'ordine per combattere la distruzione dell'Amazzonia”. Ci riuscirà?
Auspici, quelli di Hrw, che non si fermano per altro alla tematica ambientale, come si accennava.
Il presidente Lula dovrebbe, infatti, dare priorità anche "alla protezione dei diritti umani e invertire le gravi battute d'arresto in questo campo registrate durante la presidenza di Jair Bolsonaro" che sarebbe stato "un disastro per i diritti umani, sia in patria che all'estero", sostiene l'organizzazione umanitaria.
Recuperare sul sistema democratico
Senza contare l’esigenza di recuperare taluni capisaldi del “sistema democratico e dello stato di diritto e rafforzare l'indipendenza della magistratura”. L’organizzazione umanitaria si augura inoltre un intervento atto ad abolire il “budget segreto, attraverso cui son passati miliardi di dollari di spesa senza trasparenza, e la riduzione dell'insicurezza alimentare, aumentata di circa il 60% tra 2018 e 2022”. Accanto a tutto ciò si auspica “lo smantellamento delle barriere all'accesso all'aborto legale erette dall'amministrazione Bolsonaro e la promozione dei diritti sessuali e riproduttivi nei forum internazionali".
Un impegno duro e irto di ostacoli attende dunque, effettivamente, il neo-rieletto presidente. Ma c’è da aspettarsi da lui che faccia di tutto per cambiare corso al suo paese. Del resto è abituato ad affrontare le difficoltà, anche quelle più dure, come testimonia la sua vicenda personale. Lula – recita la sua biografia – lasciò la scuola per dare una mano alla poverissima famiglia a 12 anni. Fece prima il lustrascarpe. A 14 anni, poi, riuscì a farsi assumere in una azienda di lavorazione del rame. Mentre lavorava in quella fabbrica riprese gli studi e riuscì a diplomarsi. Qualche anno dopo la famiglia Lula si trasferì a San Paolo e lui visse con la mamma e i suoi sette fratelli nel retrobottega di un bar. Assunto da una fabbrica di componenti per auto, perse un dito mentre operava a una pressa. Cominciò in quel periodo a fare sindacato. Pian piano ne scalò i vari gradini, assumendo cariche importanti e arrivando ai vertici come rappresentante dei lavoratori. In quei tempi il sindacato si scontrava contro una dittatura che ai lavoratori non voleva concedere spazi. La carriera di Lula comunque non si fermò più. Scese in politica e, nel 2003 e fino al 2011, venne eletto per designazione popolare presidente del Brasile. Il 30 ottobre 2022 il popolo gli ha dato di nuovo fiducia eleggendolo per la terza volta alla presidenza del Brasile.