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E-mobility: l'UE punta sulle elettriche per ridurre le emissioni, ma bisogna potenziare le infrastrutture

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La e-mobility rappresenta un’opportunità unica per rendere più sostenibile la mobilità privata e pubblica, ma servono ancora ingenti investimenti, innovazioni tecnologiche e una maggiore sensibilizzazione di cittadini, imprese e istituzioni. Negli ultimi anni sono stati compiuti dei passi avanti considerevoli, tuttavia bisogna accelerare il processo di transizione verso la mobilità elettrica.

D’altronde, gli ambiziosi obiettivi europei di riduzione delle emissioni di gas serra richiedono un maggiore sforzo nel campo della green mobility. La strategia più efficace è rappresentata dalla sinergia tra pubblico e privato, supportando l’acquisto di auto ecologiche tramite gli incentivi pubblici e agevolando la realizzazione di un’infrastruttura capillare per la ricarica dei veicoli elettrici e ibridi plug-in.

Le emissioni del trasporto stradale in Italia e in Europa

Secondo gli ultimi dati dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, in Italia il settore dei trasporti genera il 25,2% delle emissioni totali climalteranti, di cui il 92,6% derivano dal trasporto stradale (dati 2019).

In particolare, il comparto è responsabile del 50% circa delle emissioni di ossidi di azoto e del 13% di particolato, mostrando evidenti criticità in termini di intermodalità, carenze infrastrutturali, sostenibilità e aspetti socio-culturali.

A livello continentale, secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), il settore dei trasporti produce all’incirca un quarto delle emissioni di CO2 totali in Europa, di cui il 71,7% proviene dal trasporto stradale.

Ciò è legato al fatto che, mentre altri comparti come quello agricolo e industriale hanno ridotto le emissioni di gas serra dal 1990 al 2019, l’aumento della mobilità delle persone ha provocato un incremento delle emissioni dei trasporti negli ultimi tre decenni.

Le automobili sono tra i principali responsabili dell’inquinamento atmosferico in Europa, considerando che secondo i dati del Parlamento Europeo causano il 60,7% delle emissioni di CO2 legate ai trasporti.

La e-mobility è dunque una priorità per l’Unione Europea, sia per diminuire l’impatto dei trasporti sulla produzione di emissioni di gas a effetto serra, sia per migliorare, di conseguenza, la qualità dell’aria nelle aree urbane e contrastare con maggiore forza il riscaldamento globale e il cambiamento climatico.

Gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni dei trasporti

L’Unione Europea ha fissato nuovi importanti target di riduzione delle emissioni di CO2. In particolare, il piano Fit for 55% prevede la diminuzione di almeno 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.

Per il settore dei trasporti, l’obiettivo dell’UE è ridurre del 60% le emissioni entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, arrivando a una diminuzione del 90% entro il 2050. Tra le misure previste dall’Unione Europea per raggiungere questi obiettivi è possibile annoverare la promozione di soluzioni di mobilità condivisa, maggiori incentivi per il passaggio alla mobilità elettrica, l’aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e la creazione di batterie più sostenibili per le auto elettriche e ibride plug-in.

Inoltre, l’UE ha introdotto un nuovo sistema di scambio di emissioni (ETS), prevede di aumentare la quota di carburanti rinnovabili per l’autotrazione e di rimuovere i benefici fiscali per i combustibili fossili.

Al centro della strategia UE per la riduzione delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti c’è anche la volontà di puntare maggiormente proprio sulla e-mobility, agevolando la transizione dai veicoli endotermici alle auto elettriche di nuova generazione.

Secondo il Parlamento Europeo, è già stato dimostrato come i veicoli elettrici siano più ecologici rispetto a quelli endotermici, anche considerando la produzione e lo smaltimento delle BEV e il mix energetico utilizzato per la produzione di energia elettrica con cui ricaricare le auto a zero e bassissime emissioni.

Le emissioni di CO2 per Km delle autovetture sono passate da 139,6 g/Km del 2010 a 122,1 g/Km del 2020, tuttavia gli obiettivi europei hanno fissato una riduzione fino a 59,4 g/Km entro il 2030 (Regolamento UE 2019/631).

Ciò sarà possibile aumentando la quota di veicoli elettrici nel parco auto europeo, incrementando al contempo l’utilizzo di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili come solare fotovoltaico ed eolico, ma anche applicando norme più stringenti sulle emissioni delle auto endotermiche (Euro 7).

Dal 2035 stop alla vendita di endotermiche, ma servono più colonnine

Nel 2022 il Parlamento Europeo ha approvato la proposta della Commissione Europea, ufficializzando il bando alla vendita di auto endotermiche a partire dal 2035.

Entro questa data, quindi, tutti i costruttori dovranno adeguarsi e concludere la transizione verso la mobilità elettrica, in quanto si potranno vendere solo auto elettriche in Europa, con l’addio definitivo alle vetture con motore a combustione.

Lo stop alle endotermiche riguarderà tutte le alimentazioni non full electric, quindi le auto a benzina, diesel, GPL, metano ma anche le vetture ibride. Gli obiettivi climatici, quindi, cambieranno per sempre l’industria automobilistica europea, con l’obiettivo di incentivare l’innovazione tecnologica e gli investimenti nella e-mobility nei prossimi anni e, allo stesso tempo, rendere le auto elettriche sempre più economiche e accessibili ai consumatori.

Tuttavia, secondo una ricerca condotta da McKinsey per Acea, l'Associazione europea dei costruttori di automobili, per sostenere l’aumento delle auto elettriche nei paesi UE sarà necessario incrementare il numero di colonnine di ricarica, accelerando la diffusione delle stazioni elettriche sul territorio.

Lo studio ha evidenziato una certa disparità tra la crescita delle vendite di EV (electric vehicle) e l’installazione di nuove colonnine di ricarica, infatti mentre negli ultimi 5 anni il numero di veicoli elettrici è decuplicato, quello dei punti di ricarica è aumentato appena di 2,5 volte.

In particolare, gli analisti di McKinsey hanno calcolato che serviranno 6,8 milioni di colonnine elettriche entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi UE, garantendo la riduzione prevista delle emissioni di CO2 con la diffusione delle auto elettriche.

Ciò richiederà l’installazione di 14.000 colonnine a settimana fino al 2030, mentre il ritmo attuale è di appena 2.000 nuove stazioni di ricarica ogni settimana. Sarà necessaria dunque una netta accelerazione a livello infrastrutturale, altrimenti non sarà possibile centrare i target UE sul taglio delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti.

La situazione delle colonnine di ricarica in Italia

In Italia il numero di colonnine elettriche continua ad aumentare ogni anno, di pari passo con le tecnologie che aiutano a trovare le stazioni più vicine alla propria posizione.

Si tratta di risorse come, per esempio, MyNextMove di Sorgenia, l’app per colonnine di ricarica per smartphone semplice e intuitiva, con informazioni aggiornate in tempo reale.

Oltre alla possibilità di consultare una mappa con la posizione di tutte le stazioni attualmente attive sul territorio nazionale e prenotare una colonnina, quest’applicazione permette di usare un apposito filtro per selezionare solo i punti di ricarica alimentati con energia prodotta da fonti rinnovabili.

Queste soluzioni tecnologiche sono fondamentali per agevolare la gestione della ricarica delle auto elettriche, favorendo inoltre una maggiore interoperabilità tra le colonnine di ricarica dei vari gestori operanti nel nostro Paese.

Ad ogni modo, è innegabile come sia necessario aumentare in modo significativo il numero di stazioni elettriche di ricarica sul territorio. Nel dettaglio, in Italia bisogna incrementare la diffusione delle colonnine nella rete autostradale, più carente rispetto alle zone urbane, oltre ad aumentare le installazioni nel Sud e nelle zone extraurbane più remote.

Secondo i dati di Eafo, l’Osservatorio europeo per i carburanti alternativi della Commissione Europea, alla fine del 2022 risultano attive in Italia 32.936 colonnine di ricarica, di cui 28.908 a corrente alternata (AC) per la ricarica medio-lenta e appena 4.028 a corrente continua (DC) per la ricarica veloce e ultrarapida.

In particolare, nel nostro Paese si contano:

- 058 colonnine AC fino a 7,4 kW;
- 804 colonnine AC da 7,4 a 22 kW;
- 046 colonnine AC da oltre 22 kW;
- 176 colonnine DC fino a 50 kW;
- 570 colonnine DC da 50 a 150 kW;
- 124 colonnine DC da 150 a 350 kW;
- 158 colonnine DC oltre 350 kW.

La potenza di ricarica delle colonnine è una caratteristica importante, in quanto consente di capire qual è la diffusione delle stazioni elettriche più moderne ed efficienti, ossia quelle che consentono di ricaricare velocemente un veicolo elettrico.

Ovviamente, in ambito extraurbano e autostradale le tecnologie su cui puntare sono le colonnine DC ultra-fast, ovvero quelle con potenza superiore a 150 kW. Tuttavia, bisogna anche favorire l’acquisto di veicoli elettrici compatibili con questi standard di ricarica, agevolando tramite incentivi la diffusione di auto elettriche moderne in grado di supportare la ricarica ultrarapida.

E-mobility essenziale per decarbonizzazione e sviluppo economico

La mobilità elettrica non rappresenta solo un’opportunità per ridurre le emissioni di gas serra e contrastare il cambiamento climatico, ma può aiutare ad affrontare la crisi economica e offrire nuove possibilità ai lavoratori e alle imprese.

D’altronde, la strada da intraprendere è stata tracciata dall’Unione Europea, quindi è importante non rimanere indietro e diventare dei protagonisti della nuova mobilità sostenibile, che costituisce un mercato molto dinamico e in forte crescita in tutto il mondo.

Lo sviluppo della e-mobility, infatti, richiede sia la vendita di veicoli elettrici, sia lo sviluppo di soluzioni e tecnologie a servizio della mobilità elettrica, dalle nuove batterie ad alta efficienza e ridotto impatto ambientale alle moderne infrastrutture di ricarica alimentate con energie rinnovabili.

Trovare spazio in questo percorso di transizione significa sfruttare appieno le potenzialità della green economy, trasformando questo processo in un volano per una crescita economica sostenibile basata su innovazione, competenze e ricerca.

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