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Il tabù del lutto per un animale: perché è così difficile raccontare il dolore per la morte di un cane o di un gatto

Un terzo degli italiani possiede un pet che spesso diventa parte della famiglia. Eppure, spesso ci vergogniamo a spiegare la sofferenza che proviamo quando se ne vanno. di Daniela Amenta

di Daniela Amenta   

È un lutto profondo, concreto, difficile da metabolizzare e complicatissimo a dirsi. A dirlo in ufficio, ad esempio: "Oggi non vengo al lavoro perché ho perso il mio micio e sono devastata, non faccio che piangere". Provateci, come minimo il capo del personale vi manderà al diavolo, se non minaccerà licenziamento immediato per “giusta causa”. E poi c'è sempre qualcuno che minimizza quando ti muore il cane o il gatto, o le altre creature che scegliamo come nostri compagni. C'è sempre qualcuno pronto a ricordarti che ci sono bambini denutriti, sotto le bombe tanto per farti sentire in colpa, inadeguato o stupido. C'è sempre qualcuno che ha la soluzione in tasca: "Vabbè, è pieno di randagi, prendine un altro". Come se fosse automatico: fuori uno, dentro il nuovo, magari cucciolo "che mette allegria". Quante volte ce lo siamo sentiti dire? "Ma io non voglio un qualunque altro cane, rivoglio Lola" mi racconta in lacrime L., la mia vicina di casa che ha perso di recente una festosa, biondissima Golden Retriever. Chiunque abbia scelto di condividere un pezzo di strada con un pet lo sa da subito: vivono un tempo più breve del nostro, ma questo non ci impedisce di amarli in modo incondizionato. Fino all'ultimo, e anche dopo.

Gli italiani e i pets: 19 milioni di adozioni

Secondo i dati Eurispes 2023 un terzo degli italiani possiede un animale, quasi 19 milioni sono cani e gatti. La spesa media per prendersene cura oscilla tra i 30 e i 100 euro mensili. Il 14,7% degli intervistati ha pensato di utilizzare un cimitero virtuale per il proprio animale; il 13,1% ha preso in considerazione l’ipotesi di venir seppellito insieme, come Alain Delon con i suoi cani, e l’11,9% di ricorrere ad un funerale online nel momento in cui il proprio animale domestico dovesse venire a mancare. E crescono anche le agenzie funebri che effettuano cremazioni singole, il costo è ancora molto alto (tra i 300 e 600 euro in base al peso del pet) ma in assenza di un giardino, un pezzo di terra, è una delle soluzioni che inizia ad essere più praticate, soprattutto per chi vive in città. La ditta viene a prendere la salma del pet a casa, la infila in una busta nera (ma con garbo), te la riporta pochi giorni dopo in una scatolina in legno. I più gentili ti fanno le condoglianze e nella busta che contiene l'urna infilano un fiorellino di plastica, spesso una rosa un po' sgualcita che provoca - se possibile - ancora altro dolore.

Il nostro, quello degli "orfani" del pet che se n'è andato è un mondo a parte, un mondo amorevole, il contraltare di chi abbandona, sevizia, uccide.

Il ponte dell’Arcobaleno sui social

I tanto vituperati social sono diventati uno strumento molto usato da chi vuole raccontare il proprio lutto, sfogarsi, farsi consolare, piangere in santa pace anche se purtroppo dietro un monitor. Ci sono decine e decine di pagine dedicate al cosiddetto "ponte dell'arcobaleno", il passaggio poetico dalla vita alla morte dei nostri amici a quattro zampe. Chi scrive, chi posta la foto del proprio pet "volato via" sa di poter contare su un uditorio empatico, affettuoso e solidale. Ma non sempre basta. Il quotidiano inglese The Guardian che ha recentemente affrontato il tema con un'inchiesta spiega che il dolore per la morte del proprio animale "è un lutto complesso perché condizionato dalla responsabilità, dal venir meno della custodia". E questo è un sentimento ancora più marcato, straziante, quando il veterinario ti dice che non c'è più nulla da fare, se non lasciare andare la creatura che hai tanto amato con l'eutanasia.

Il dolore amplificato dell’eutanasia

È allora che sorgono i dubbi: chi sono io per decidere, quanta insopportabile onnipotenza, non ce la posso fare. Poi, per evitare che il micio o il cagnetto soffrano ancora, si fa. E il vuoto diventa un abisso. Soprattutto se si accompagna, in prossimità, con la perdita dei propri genitori o di un amico di vecchia data. Gli esperti lo chiamano "dolore eco". E fa male, ma tanto tanto. Nella cura dei nostri pets anziani, malati, stanchi ci improvvisiamo caregiver. Impariamo a fare punture sottocute, flebo, prepariamo pasti appositi, sperimentiamo farmaci costosissimi, compriamo traversine e coperte riscaldanti, piccole scale per far salire, ancora, Bau e Miao sulla loro vecchia poltrona preferita. Li osserviamo, ci incaponiamo, grandi fughe notturne verso l'ospedale veterinario più vicino. Poi, a volte, basta guardarli negli occhi queste amatissime creature che fanno parte della nostra famiglia per capire che una morte dolce, dignitosa, è solo un estremo gesto d'amore. Per loro, e per noi.

La pallina ritrovata

A volte capita, dopo settimane o mesi, di inciampare in una pallina, un peluche nascosto chissà come, chissà quando, proprio quello con cui ha giocato per anni il nostro piccolo amico. Fatevi forza. Anzi no, piangete ogni lacrima in memoria di chi vi ha reso la vita migliore. Forse arriverà un altro pet, forse no, ma se ne incrociate uno solo per strada, o in un canile o in un gattile, non vi girate dall'altra parte. È tornato il momento di riaprire le braccia.

di Daniela Amenta   
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