Appello dei ricercatori dell’università di Sassari : «Se trovate frutti di Posidonia avvisateci»
Una semplice mail che potrebbe aiutare i ricercatori nelle delicate fasi di studio del processo di rigenerazione di questa importante pianta che è di vitale importante per la natura e dunque pe riesser umano
Fino a qualche anno fa erano viste come una seccatura. Per la vista, per il tatto. Quasi come elemento inquinante del mare. Da togliere, da spostare, da evitare. Prima venivano chiamate alghe, ma la scienza e gli scienziati sono corsi ai ripari spiegando come quelle specie fossero delle vere e proprie piante marine. Posidonia, questo è il loro nome, evocando l’immagine antica e suggestiva del dio greco dei mare Poseidone. Da questi organismi, come spiegato dai ricercatori biologi marini, dipende la biodiversità delle specie, l’assorbimento di anidride carbonica e il contenimento dell’erosione costiera. Da questa “nuova consapevolezza” le alghe o meglio la Posidonia ha acquisito da brutto anatroccolo si è trasformata in cigno come il miglior epilogo delle favole a lieto fine. E scavando a fondo nello studio di queste piante è possibile rimanerne ancor di più affascinati e impressionati. Si moltiplicano gli studi dei ricercatori che stanno perfino provvedendo alla riforestazione di alcune aree marine per la creazione di laboratori e di raccolta dati al fine di produrre un cospicuo numero di dati da fornire a supporto di tutte le tesi fino ad oggi sostenute. L’ultima foresta blu in ordine di tempo è stata quella “piantata” dall’associazione Worldrise a Golfo Aranci dove, a poche settimane dalla piantumazione, sono state osservate specie che avevano già popolato il nuovo habitat a partire dai meravigliosi e ormai sempre più rari cavallucci marini. Oggi l’università di Sassari, attraverso i suoi ricercatori, ha lanciato un appello ai frequentatori delle spiagge sarde: «Anche quest’anno, ci rivolgiamo a tutti voi attenti osservatori di fenomeni naturali! Durante le vostre passeggiate sulla spiaggia, durante il vostro snorkeling o immersioni subacquee in Sardegna se avvistate semi o frutti di Posidonia oceanica vi chiediamo gentilmente di annotare la data, il luogo, commenti sulla quantità e di avvisarci inviando una e-mail a patriziastipcich@libero.it o apansini@uniss.it così che saremo pronti ad intervenire per raccogliere il materiale. Negli anni passati, grazie all’aiuto di tutti voi, noi ricercatori dell’Università di Sassari siamo riusciti a raccogliere in varie spiagge un numero sufficiente di frutti di Posidonia oceanica per effettuare esperimenti che ci hanno permesso di valutare la vulnerabilità di questa pianta nelle prime fasi di sviluppo». Ma perché è così importante questa operazione di raccolta dei frutti? «A causa del riscaldamento globale - spiegano i ricercatori - gli eventi di fioritura sono sempre più frequenti e questo ci dà la possibilità di studiare maggiormente i fattori che influenzano questo fenomeno ma ci permette anche di capire come poter utilizzare il materiale proveniente dalla riproduzione sessuale della pianta in opere di restorazione. In Sardegna il periodo di produzione dei semi inizia a metà primavera e termina più o meno a metà estate ed ogni prateria può germinare in momenti diversi rendendo molto difficile per noi controllare le diverse coste in diversi momenti. Quest’anno abbiamo già avuto segnalazioni a metà aprile di frutti spiaggiati a Stintino e ci aspettiamo quindi a breve altre segnalazioni». La germinazione dei semi della pianta marina Posidonia oceanica è la fase più vulnerabile del ciclo vitale della pianta stessa. La dispersione dei propaguli, l’insediamento ed il reclutamento rappresentano passaggi critici che determinano la sopravvivenza o meno della pianta nel primo anno vitale. Questo tipo di riproduzione sessuale viene utilizzato dalla pianta per espandersi, colonizzare nuove aree ed aumentare la variabilità genetica.
Davide Mosca