Quale olio è meglio usare per le nostre fritture casalinghe? È un dubbio che, prima o poi, assale tutti gli appassionati di cucina: per un fritto perfettamente dorato, ma allo stesso tempo salutare, è necessario affidarsi al giusto olio. Ma come effettuare questa scelta, quali fattori prendere in considerazione?La questione è certamente dibattuta, tanto da alimentare spesso fitte contrapposizioni non solo fra gli appassionati, ma anche fra i grandi chef. In linea generale, tuttavia, è necessario considerare due fattori principali: il punto di fumo e le proprietà nutrizionali degli oli, in particolare la loro composizione di grassi.
Olio per friggere: la questione del punto di fumo
Come ho anticipato in apertura, uno degli elementi da prendere in considerazione nella scelta di un buon olio per fritture è il suo punto di fumo. Di cosa si tratta?
Con il termine punto di fumo si indica, genericamente, la temperatura massima che un olio può raggiungere prima di bruciare e, di conseguenza, rilasciare sostanze che potrebbero essere dannose per la salute. Questo limite varia a seconda della tipologia di olio: più è elevata la soglia, ovvero più alto è il punto di fumo, più è sicuro.
Di norma, quando un olio raggiunge il punto di fumo assume una colorazione scura, quasi bluastra, e inizia a produrre una sorta di schiuma. Visivamente, questo cambiamento di stato dovrebbe suggerirci di cambiarlo, poiché sintomo del rilascio di alcune sostanze dannose per la salute. In particolare, i cibi in frittura potrebbero assorbire:
- acroleina: una sostanza tossica e irritante per la pelle, gli occhi e le vie respiratorie;
- acrilammide: si forma a temperature molto elevate, soprattutto con la frittura di cibi ricchi di amidi – le patate, ad esempio – è può aumentare il rischio di sviluppare tumori se assunta di frequente;
idrocarburi policiclici aromatici, formaldeide e altre sostanze volatili: un olio che supera il suo punto di fumo può rilasciare numerose sostanze irritanti per le vie respiratorie, nonché interferenti endocrini o elementi dalla nota cancerogenicità.
Gli oli con il miglior punto di fumo
Ma quali sono gli oli con il più alto punto di fumo e, quindi, teoricamente più indicati per le fritture?
- Olio di palma raffinato: 240° C;
- Olio extravergine di oliva: 210° C;
- Olio di arachidi: 180° C;
- Olio di semi di mais: 160° C;
- Olio di soia: 130°C;
- Olio di semi di girasole: 110-125° C.
In linea generale, bisognerebbe mantenersi su oli da frittura che si avvicinano o superano i 200 gradi centigradi. Ma basta conoscere il punto di fumo, per stabilire quale soluzione sia la migliore? No, bisogna indagare anche le proprietà organolettiche di questi oli, poiché fondamentali per capire come possono impattare sulla nostra salute. E, ovviamente, anche il loro impatto ambientale.
Le proprietà organolettiche dell’olio da frittura
Come spiegavo, il punto di fumo non è l’unico elemento da prendere in considerazione. Se si analizzano le proprietà organolettiche dei singoli oli, la classifica della migliore soluzione per friggere cambia anche enormemente. In linea generale, è necessario valutare:
- la percentuale di grassi saturi, ovvero i “grassi cattivi”, che possono danneggiare la salute contribuendo all’aumento di colesterolo e trigliceridi;
- la percentuale di grassi monoinsaturi, cioè quelli “buoni”, che stimolano il rilascio di colesterolo HDL, ovvero quello utile all’organismo;
- la percentuale di grassi polinsaturi, ovvero non dannosi a temperatura ambiente ma capaci di rilasciare sostanze pericolose se portati ad alte temperature.
I due migliori oli per friggere a casa
In base a queste considerazioni, e al punto di fumo visto in precedenza, sono due gli oli che si dovrebbero sempre preferire per le fritture domestiche:
- olio extravergine di oliva: 15% di grassi saturi, 75% di monoinsaturi, 10% di polinsaturi;
- olio di arachidi: 20% di grassi saturi, 50% di monoinsaturi, 30% di polinsaturi.
Considerando che un olio extravergine di oliva di elevata qualità abbia oggi un costo importante, e utilizzarlo per la frittura non è sempre una via percorribile, l’olio di arachidi rappresenta un buon compromesso tra punto di fumo elevato e medie proprietà organolettiche.
Gli oli vegetali più diffusi, per quanto dall’ottimo profilo sul fronte dei grassi saturi – dall’11% dell’olio di girasole al 15% di mais e soia – purtroppo sono ricchi di grassi polinsaturi, rispettivamente 65, 60 e 63%. Inoltre, presentano un punto di fumo abbastanza basso.
Lo stesso discorso vale per l’olio di palma: nonostante il punto di fumo elevato, presenta ben il 50% di grassi saturi e il 10% di polinsaturi. Inoltre, oltre a essere usato perlopiù a livello industriale, il suo profilo ambientale è pessimo: per produrlo, nel Sudest Asiatico si stanno distruggendo enormi foreste per far spazio a monoculture.Al netto di preferenze personali sul sapore – l’olio extravergine di oliva, ad esempio, può lasciare un aroma molto riconoscibile sulle pietanze fritte – le regole sono molto semplici: preferire oli dal punto di fumo elevato e dal basso contenuto di grassi saturi e polinsaturi. E, ovviamente, armarsi di apposito termometro per la cottura: uno strumento salvifico, per verificare che il nostro olio non si stia riscaldando più del dovuto!
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