Un altro dipendente Rai muore per amianto, questa volta a Napoli. La figlia trova il coraggio di denunciare
La donna è difesa dallo stesso avvocato di Franco Di Mare e dell'altro impiegato morto a Roma. "Nessuno ci aveva parlato dei rischi dell'asbesto"

«Quando chiedemmo a mio padre come fosse possibile che avesse dell’amianto nei polmoni, ci stupì dicendo che in Rai, oltre ad essere stato presente in parte della struttura, poi bonificata, per alcuni anni veniva utilizzato spesso dai costruttori, finché non fu smaltito completamente, ci raccontò, ad esempio, che si usavano i fogli di amianto nella costruzione di camini da scena, oppure per tagliare le vie di fuga», racconta Lucia, figlia di Pasquale Russo, dipendente della sede RAI di Napoli per 30 anni (dal 1977 al 2007, data del pensionamento), deceduto il 31 agosto 2020 all’età di 76 anni per un mesotelioma pleurico.
Dopo Franco Di Mare e Sodkiewicz
La donna, dopo il decesso di Mariusz Marian Sodkiewicz e il caso Di Mare, per denunciare un rischio che deve essere affrontato e risolto, ha deciso di rivelare la storia del suo papà che aveva lavorato per programmi come “Avanspettacolo”, “Domenica In”, “Sotto le stelle”, “Furore”, “Blu Notte”, “Un posto al Sole” e tanti altri.
L'amianto fu usato anche dopo l'entrata in vigore della legge che lo mise al bando si legge nel testo della denuncia, che risale al 23 dicembre 2023. Ma solo oggi la donna, ha trovato il coraggio di uscire allo scperto e raccontare a viso aperto la storia di suo padre e della sua famiglia.
È un'altra eredità del coraggio di Franco Di Mare, il giornalista Rai morto pochi giorni fa.
Durante il periodo in cui Pasquale prestava servizio come «capo operaio costruttori, in falegnameria e in parte negli studi televisivi per montaggio e smontaggio e relative alla realizzazione di costruzioni scenografiche per produzioni in studio ed esterno», il pericoloso minerale: «fu utilizzato anche dopo l’entrata in vigore della L. 257/92».
Tra le richieste al Procuratore della Repubblica di Napoli evidenziate nell’atto quella di «identificare i responsabili dell'esposizione ad amianto del congiunto, iscriverli nel registro degli indagati e di avviare un procedimento penale», e che di attivare «una verifica su base epidemiologica dell’impatto dell’uso dell’amianto nella RAI (in tutte le sue sedi) tra i dipendenti e collaboratori».
«Papà – sottolinea Lucia - nel corso delle sue mansioni non aveva ricevuto alcuna informazione preventiva sulla pericolosità dell’amianto, né su eventuali problemi di salute correlati».
La spossatezza e poi la diagnosi
A maggio 2020, iniziava a mostrare i primi sintomi di spossatezza, fastidi allo stomaco e qualche colpo di tosse, a luglio gli fu diagnosticato un mesotelioma. Dopo pochi mesi, consapevole del fatto che non gli restasse molto tempo da vivere, chiamò a sé i tre figli e la moglie e «ci ringraziò per tutto ciò che avevamo fatto e chiese di essere accompagnato con la terapia del dolore. Morì il 31 agosto 2020», conclude commossa Lucia.
Solo il 18 febbraio 2022 l'INAIL ha ufficialmente confermato l'origine professionale della malattia dell’uomo. «È quanto mai opportuno e doveroso che, oltre a risarcire le vittime senza ulteriori ritardi, la RAI valuti di sottoporre a sorveglianza sanitaria tutti i dipendenti che possono essere stati esposti all’amianto e porti a termine le bonifiche» – dichiara l’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari della vittima.