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Post petrolio, gli Emirati Arabi Uniti stanno costruendo nel deserto il parco solare più grande al mondo

E’ una centrale elettrica fotovoltaica che immagazzina la le radiazioni grazie a sistemi di concentrazione solare, che poi si trasforma in energia elettrica. Ma all’Italia l’impianto solare termodinamico non piace

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L’energia solare può sostituire il petrolio. A sostenere, e confermare, questa ipotesi sono i tecnici che hanno realizzato il grande parco solare (“centrale solare a concentrazione) di Dubai. E’ una centrale elettrica fotovoltaica che immagazzina la le radiazioni grazie a sistemi di concentrazione solare, che poi si trasforma in energia elettrica. Sfruttando i raggi solari riflessi tramite specchi modellati ad hoc, l’energia solare viene convertita in energia termica e concentrata verso un ricevitore. L’energia termica viene poi trasformata in energia meccanica tramite un motore termico, nella fattispecie una turbina a vapore, al quale è collegato un generatore elettrico.

I lavori di costruzione

Il progetto del Mohammed bin Rashid Al Maktoum Solar Park

I lavori di costruzione del parco tecnologico, il Mohammed bin Rashid Al Maktoum Solar Park, sono cominciati nel 2013. L’impianto ha una superficie di circa 300mila metri quadrati. Con una potenza di 13 MW genera 28 milioni di kWh l’anno e riduce di circa 15mila tonnellate le emissioni di CO2 nell’atmosfera. La seconda fase del programma, impostata nel 2017, ha una potenza di 200 MW, originata da pannelli distribuiti su di un’area di 4,5 chilometri quadrati. Grazie a questa implementazione c’è una riduzione di 214mila tonnellate di anidride carbonica. Nel 2020, l’area sarà attrezzata per raggiungere una capacità di 800 MW, mentre entro il 2030 produrrà 5mila MW. Al termine del progetto, la centrale solare avrà una superficie di 214 kmq ed una torre centrale riflettente alta 260 metri.

Energy Strategy 2050

“Sua Altezza Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum, Vice Presidente e Primo Ministro degli Emirati Arabi Uniti e Righello di Dubai, ha creato la Dubai Clean Energy Strategy 2050. Si tratta di una strategia mirata a sviluppare un sistema multidisciplinare e a più livelli che permetta a Dubai di diventare il centro globale di energia pulita e di economia ecosostenibile. Infrastrutture, legislazione, finanziamenti, formazione ed eco sostenibilità sono i cinque pilastri di questa innovazione. Se entro il 2030 il fabbisogno energetico sarà soddisfatto dal 25% di energia solare, dal 7% di energia nucleare, dal 7% di carbone pulito e dal 61% di gas, il 75% del fabbisogno energetico nel 2050 sarà prodotto da fonti rinnovabili. Grazie alla scienza ed alla tecnologia, entro il 2030 l’80% dei rifiuti prodotti dall’emirato sarà trasformato in energia”, si legge su ambienteambienti.com. Dubai ha capito che lo sfarzo smisurato ed assurdo proveniente dal petrolio deve essere mantenuto e conservato da altre fonti energetiche che siano più durature e rinnovabili.

E in Italia?

“Nel 2008, Carlo Rubbia, il fisico italiano premio Nobel nel 1984 per aver scoperto le particelle W e Z nell’interazione nucleare debole, ha teorizzato che con un ipotetico quadrato di specchi di 40mila kmq, ovvero 200 km per lato, si potrebbe produrre la stessa energia prodotta dal petrolio oggi in tutto il mondo. Per alimentare un terzo dell’Italia, invece, basterebbe un’area delle dimensioni del Grande Raccordo Anulare di Roma. Ma all’Italia l’impianto solare termodinamico non piace”, ha concluso ambienteambienti.com.

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