Un nuovo futuro per miniere e minatori. L'Europa ha bisogno di terre rare
E' ora di dire basta alla totale dipendenza dalla Cina. Entro il 2025 si tornerà a scavare: riconversione in vista per chi finora estraeva carbone
Nell’iconografia la figura del minatore in Europa appartiene al secolo scorso, per non dire a quello precedente. Roba da ‘cinesi’ per dirla male. Le gabbiette con i cardellini per le fughe di gas. Le facce sporche, i carrelli pesanti, quelle ascensori così insicure. Dinamite e picconi. A parte il famoso “Sciopero dei minatori britannici” di metà degli anni Ottanta, pensare a un minatore al massimo può fa venire in mente la tragedia di Marcinelle oppure Ciaula, di pirandelliana memoria. Non solo, Jeremy Rifkin, 25 anni fa annunciava la “Fine del lavoro”, specificatamente quello umano sotto i colpi dei pc e dei calcolatori elettronici. La manifattura sembrava cosa buona per i racconti dei pensionati, da tramandare al massimo nei racconti ai nipoti. Ma l’eterogenesi dei fini è sempre dietro l’angolo e così la lunga strada verso la sostenibilità, oggi ha ribaltato ogni schema o analisi, tanto che in Europa, alla ricerca di materie prime e terre rare indispensabili per la transazione energetica e la lotta al cambiamento climatico, torneranno i minatori.
Finora lo si è detto quasi senza dirlo, come fosse da intuire. Adesso però c’è un riferimento esplicito: “Oggi in Europa ci sono circa 200.000 persone che lavorano nell’industria mineraria del carbone. E alcune delle competenze nell’estrazione del carbone potrebbero davvero essere molto utili per queste nuove industrie estrattive”. A dirlo è Maroš Šefčovič, commissario Ue per le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, che coordina il lavoro sull’Alleanza europea per le batterie in un’intervista per Euractiv.com.
Rispondendo alla domanda sul significato di “autonomia strategica” per le terre rare e le catene del valore dei magneti in Europa, contenuta nell’Alleanza, e se questo fosse che “inizieremo a estrarre le terre rare in Europa”, Sefcovic ha così risposto: “Significa fornire alla nostra economia forniture adeguate e più diversificate di materie prime primarie e secondarie per essere sicuri di poter prendere le nostre decisioni”. Ma poi è andato ancor più nello specifico, sui tempi della strategia: gli addetti ai lavori dicono che ci vogliono circa 15 anni per avviare una nuova miniera – dagli studi geologici ai permessi effettivi. Ma il piano d’azione della Commissione dice che alcuni progetti potrebbero diventare operativi già nel 2025.
Šefčovič spiega che le progettualità più avanzate sono quelli relativi al litio “perché iniziate prima. Ma ora l’obiettivo numero uno dell’Alleanza europea per le materie prime è quello di concentrarsi sulle terre rare e sui magneti, perché lì vediamo un’enorme dipendenza – e un potenziale reale”. I perché sono semplici e drammatici insieme: “Le terre rare sono assolutamente fondamentali per l’energia solare ed eolica, ma anche per i motori elettrici e quasi tutti gli ecosistemi digitali. Saranno il primo punto focale. E quando si tratta di permessi, investimenti o ricerca e innovazione, e strumenti finanziari, stiamo mettendo in atto tutte queste diverse cose”.
Allo stesso tempo, da parte della Commissione Ue c’è “grande attenzione all’estrazione mineraria urbana. Se si raccolgono tutti i vecchi cellulari che abbiamo nei cassetti, possiamo costruire immediatamente quattro milioni di batterie per auto solo con il cobalto. C’è anche un enorme potenziale con i rifiuti elettronici. Ogni anno, l’Ue genera circa 9,9 milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, mentre circa il 30% viene raccolto e riciclato. Ma il recupero di materie prime da questi rifiuti elettronici è inferiore all’1% perché non disponiamo della tecnologia e dei processi industriali necessari. Per questo motivo stiamo finanziando la ricerca e l’innovazione per sviluppare questi processi. Attualmente stiamo spendendo quasi 1 miliardo di euro per progetti sulle materie prime nell’ambito del programma Horizon 2020, con finanziamenti erogati attraverso la Commissione e l’EitRawMaterials”.
Se poi qualcuno avesse dei dubbi su quanto sia hard la sostenibilità e niente affatto a “impatto zero” di alcun tipo, il commissario aggiunge: “Permettetemi di fare un esempio. Il fabbisogno europeo di litio utilizzato nelle auto elettriche e nelle batterie di stoccaggio sarà 18 volte maggiore entro il 2030 e 60 volte maggiore entro il 2050. Gli ecosistemi industriali, come l’aerospaziale, l’edilizia, l’automobilistico e le industrie ad alta intensità energetica e a basse emissioni di carbonio – tutte fortemente dipendenti dall’accesso sicuro alle materie prime – rappresenteranno complessivamente un business da 2.000 miliardi di euro e daranno lavoro a oltre 30 milioni di persone entro il 2030. Per tutti questi settori, le materie prime fondamentali sono assolutamente essenziali. Oggi siamo pienamente consapevoli che questa dipendenza è qualcosa che dobbiamo prendere molto seriamente, ed è per questo che abbiamo creato questa Alleanza europea per le materie prime, a settembre”.
Proprio sulle batterie l’Ue pensa a uno standard di qualità per combattere chi mette sul mercato prodotti che non rispettano le norme ambientali, che potrebbe entrare in vigore a partire dal 2023. Le prime fabbriche in Europa saranno operative nel 2021 o 2022 e vorremmo che tutte le batterie utilizzate in Europa fossero prodotte secondo questi elevati requisiti. Il commissario affronta anche uno dei nostri temi più cari, ovvero l’impossibilità o almeno la grossa incongruenza che c’è tra il libero mercato (ancora oggi molto in voga, talvolta anche solo a chiacchiere) e l’autonomia, che anche su questa Alleanza fa assolutamente rima con autarchia.
Sulla questione Šefčovič ha così dichiarato: “Il concetto di “autonomia strategica aperta” è ora ampiamente discusso in seno all’Ue, ad esempio tra i ministri dell’Ue al Consiglio Affari generali, dove rappresento la Commissione. Da un lato, è molto chiaro che sosterremo sempre un commercio libero ed equo. Ma allo stesso tempo, penso che ci sia stato un segnale molto chiaro da parte dei ministri che dobbiamo concentrarci molto di più sulla reciprocità con i nostri partner commerciali, e garantire un accesso aperto ai mercati globali. Ciò sarà sempre nell’interesse dell’Unione europea. Dobbiamo essere molto più strategici nel garantire l’autonomia d’azione dell’Europa quando si tratta di materie prime. L’eurodeputata greca Anna-Michelle Asimakopoulou lo ha spiegato in modo molto eloquente in occasione del lancio dell’Alleanza europea per le materie prime: “auto” in greco significa sé, e “nomia” significa legge. Quindi l’autonomia ci dà il diritto di decidere da soli. Questo è ciò che dobbiamo cercare”.
GreenReport.it