Ritorno al nucleare? I rischi sono grossi e i costi in bolletta più alti di quelli delle rinnovabili. I pro e i contro
L’impennata dei prezzi di gas ed energia riporta a galla il tema dell’utilizzo dell’atomo. Ma ci sono da considerare rischi e problemi come quelli delle scorie. Gli schieramenti in campo. Le ragioni contrapposte. Quali le problematiche? Quanto costerebbero le bollette col nucleare e quanto con le rinnovabili?
La situazione, conseguente alle sanzioni imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, ha contribuito all’impennata dei prezzi di gas ed energia. La necessità di trovare una soluzione a questa emergenza, oltre che a quella climatica, ha così costretto a valutare un ritorno al nucleare per assicurare velocemente il soddisfacimento del fabbisogno energetico del Paese evitando pesanti costi ambientali. Anche perché il nucleare è stato incluso dalla Commissione Europea tra gli investimenti atti a sostenere la transizione energetica.
Non va scordato tuttavia che in ben due occasioni, nel 1987 e nel 2011, l’Italia si è pronunciata contro il nucleare attraverso dei referendum. Niente da dire dunque? C’è chi sostiene che il discorso non può essere chiuso d’emblée, perché molto sarebbe cambiato da allora e si potrebbe riprendere in mano la questione.
Conviene davvero usarlo?
Vediamo allora di rifletterci un po’ sopra cercando dei punti fermi e ponendoci delle domande. Conviene usare, almeno in parte, il nucleare? Si tratta davvero di energia green? Quali sono i rischi nascosti? Al di là delle enunciazioni è importante cercare di comprendere di cosa si parla, soppesare le argomentazioni a favore e quelle contro.
Partendo dalle prime, bisogna dire che l’energia nucleare è considerata una energia pulita. Non produce infatti Co2 o gas serra, alla stregua di quella generata da fonti rinnovabili. Viene classificata per questo tra quelle utilizzabili per uscire dalla morsa delle risorse fossili, accusate di sconvolgere il clima e mettere a rischio il pianeta.
Inoltre – come dichiarano scienziati ed enti internazionali - è più affidabile perfino di quelle da solare ed eolico, non essendo condizionabile da variabili metereologiche. Mentre gli impianti richiedono - si afferma - meno manutenzione e durano più a lungo.
Non c’è da sorprendersi, quindi, se tra i primi cinque paesi a vantare la maggior riduzione delle emissioni di gas serra ce ne sono 4 improntati a un mix di energia idroelettrica e nucleare.
I piccoli reattori SMR
Oggi si parla inoltre dei piccoli reattori modulari (SMR), più sicuri rispetto a quelli tradizionali, in quanto dotati di raffreddamento automatico a ricircolo dell’acqua, mentre gli altri necessitano dell’intervento degli operatori. I mini reattori sono per altro distribuibili in più aree geografiche e adattabili a una gamma differenziata di esigenze energetiche.
Le associazioni ambientaliste fanno però notare che simili impianti sono ancora sperimentali. Resta poi in primo piano, non certo irrilevante, il problema basilare dello smaltimento delle scorie. Gli SMR hanno necessità di maggiori livelli di arricchimento del combustibile rispetto ai reattori più grandi, e ciò accresce le difficoltà di smaltimento.
Il rilancio dei programmi nucleari
Nel frattempo comunque molti Paesi puntano a risolvere i loro problemi energetici attraverso l’atomo. Anche il Giappone e la Russia, per esempio, hanno annunciato il rilancio del programma nucleare, mentre la Cina avrebbe in progetto la costruzione di 150 reattori nei prossimi due decenni.
Il parere dell’Avvocatoatomico
Si levano quindi voci imperiose a favore del ritorno al nucleare, come quella del fisico Luca Romano, fondatore della pagina web Avvocatoatomico, che in audizione al Senato ha spiegato come “una politica energetica razionale sia possibile solo con un mix di nucleare e rinnovabili”.
Attualmente “la Germania si oppone al nucleare – osserva l’esperto – ma prolunga la vita operativa di alcuni impianti a carbone. Qualche giorno fa, inoltre, ha salvato la company Gazprom Germany, stanziando 10 miliardi di soldi pubblici, ed annunciato il riavvio di 10 gigawatt di energia a carbone.
I tedeschi – sostiene - avevano nel 2008 52 gigawatt ottenuti dal carbone ed erano scesi a 40 in 14 anni. Ora ne riattivano 10 annullando i pochi progressi ambientali compiuti, nonostante abbiano oggi da 10 a 12 volte le emissioni da produzione di energia elettrica dei francesi. Ed anche l’Austria ha annunciato il riavvio degli impianti a carbone.
Scelta non certo ottimale per il contrasto all’inquinamento. "Basti pensare che le centrali nucleari francesi – spiega – emettono 4 grammi di co2 per kilowattora, quelle a carbone più di 800. Paesi come la Danimarca, molto avanti con le energie rinnovabili, d’altronde, riserverebbero ai cittadini bollette molto alte e le emissioni sarebbero in ogni caso il doppio di quelle francesi.
Il problema dell’accettazione pubblica
L’Unece (Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite) avrebbe fatto rimarcare inoltre che senza il nucleare non c’è alcuna possibilità di raggiungere la decarbonizzazione entro il 2050. Secondo l’esperto il problema è quindi essenzialmente di comunicazione.
L’energia nucleare oltre ad essere la più pulita - sostiene ancora Romano - non pone neppure problemi geopolitici, mentre le rinnovabili sì, perché il 92% del mercato del fotovoltaico passa per la Cina. Anzi, più del 70% del mercato delle rinnovabili passa per la Terra del Dragone, tenuto conto di cose come la raffinazione delle terre rare, il silicio e i sistemi conduttori.
Per questo bisognerebbe “lavorare sulla comunicazione per far si che il nucleare venga accettato”. Anche perché in Italia avremo bisogno in futuro di più energia elettrica, specie per le industrie. Non a caso la Francia sta rilanciando il suo programma nucleare, dopo aver tentato di ridurlo. Mentre Paesi limitrofi puntano a importare energia da nucleare, cosa per cui i transalpini mirano a trasformarsi nella centrale elettrica d’Europa.
"Il nucleare, lo vogliamo o no, - sostiene Romano - sarà uno dei protagonisti insieme alle rinnovabili della transizione energetica. Questo vale non solo per il Vecchio Continente ma anche per il resto del mondo, per i paesi in via di sviluppo e, in particolare, per India e Cina, che da sole realizzano il 40% delle emissioni globali ed hanno già piani di espansione nucleare".
Il ricorso al nucleare si porta dietro però anche seri problemi economici, visto che presenta costi di capitale elevati. Ma soprattutto può comportare grossi pericoli. Per questo si scontra con la diffidenza sociale, specie dopo incidenti come quelli di Chernobyl o di Fukushima, capaci di far pagare prezzi altissimi.
Si afferma poi che la sicurezza del nucleare è pari ormai a quella delle fonti rinnovabili, ma non si sa dove e come far fronte alle scorie.
Le posizioni a livello politico
Inevitabile che le posizioni siano contrapposte anche a livello politico. Nel nostro Paese, in linea di massima, destra e cosiddetto terzo polo sono a favore del nucleare, sinistra e Movimento 5 Stelle no. Gli esperti sollecitano in ogni caso scelte definitive e adeguata attenzione ai costi. Ma restano aperti enormi problemi. A distanza di tanti anni, ancora non si è deciso - per dirne una - come trattare le scorie esistenti. Anche perché nessun territorio le vuole, e ogni volta che si è sfornata una lista di siti candidabili ad ospitarle si sono subito levati roboanti e decisi cori di no. Anche per questo, specie a sinistra, la posizione è chiara: “Per un domani senza fonti fossili gli investimenti devono concentrarsi sull’energia pulita e non sulla costruzione di centrali nucleari – si legge per esempio nel programma di Pd e alleati - perché i tempi di realizzazione e le tecnologie esistenti non sono compatibili con una riduzione significativa delle emissioni entro il 2030 e non risolvono i problemi ambientali ad esse associati”.
Il nucleare nel futuro
Il nucleare viene utilizzato attualmente nel mondo da 32 Paesi e, stando alla Iea, la scelta limita notevolmente le immissioni, contribuendo all’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali.
Stando a voci autorevoli tuttavia, difficilmente assumerà rilevanza primaria in futuro. Le prospettive di crescita delle fonti energetiche vedono in testa le rinnovabili. Mentre l’energia da atomo, pur avendo un ruolo, conterà sempre meno. Secondo la stessa Iea (Agenzia internazionale dell'energia) passerà dal 18% del 2020 a percentuali molto più basse nel 2050. Potrebbe avere un certo sviluppo nei mercati emergenti e nelle economie in fase di sviluppo”, ma – pur raddoppiando la produzione – nel 2050 si prevede possa pesare solo per un 8%.
Ciò non significa che idroelettrico e nucleare - secondo l’agenzia – non possano dare un contributo alla transizione. Il nucleare contribuisce infatti ad abbattere le immissioni ma occorre decidere come abbinarlo ai veri protagonisti del futuro: solare ed eolico. Per questo chi ha reattori esistenti, in questa fase, sta pensando semmai di prolungarne l’attività per abbassare i costi. Mentre chi decidesse di costruirne di nuovi – consiglia la Iea – dovrebbe farlo in fretta. E i governi dovrebbero elaborare politiche adeguate e finanziare nuove tecnologie.
La prospettiva della fusione nucleare
La ricerca di tecnologie alternative in effetti continua, con la speranza di riuscire ad ottenere energia pulita e illimitata.
Per quanto riguarda la fusione nucleare, sulla quale si ripongono molte speranze, la data fissata per iniziare i test resta il 2050. Nel frattempo si può pensare al ricorso alle centrali nucleari di generazione più avanzata e ai piccoli reattori. Anche perché ciò potrebbe contribuire a risolvere i problemi di talune zone del mondo.
Secondo il segretario nazionale delle Nazioni Unite l’anno scorso si contavano 700 milioni di persone ancora prive dell’accesso alla elettricità. In certi angoli del pianeta, dunque, il nucleare potrebbe dare una mano e arrivare a un utilizzo del 40%.
Il nucleare può avere allora una nuova vita, a tal punto da ipotizzare in Italia - come sostiene qualcuno - il ricorso a un nuovo referendum?
Le posizioni delle associazioni ambientaliste
A questo tipo di sviluppo si oppongono con decisione Legambiente, WWF e Greenpeace che fanno notare, in primo luogo, come da noi i referendum siano deputati solo ad abrogare leggi esistenti. Semmai – dichiarano - il ministro Cingolani e il governo si facciano interpreti in Europa di una discussione sulla nuova tassonomia verde, espressione di una posizione chiara e avanzata, che non ceda alle lobby del gas fossile e del nucleare. Tornare a parlare di nucleare è un esercizio inutile e sterile”.
L’eventuale costruzione di centrali di terza generazione, unica possibilità realistica in gioco, del resto, lascerebbe aperti problemi come la sicurezza, lo smaltimento definitivo delle scorie, il decomissioning degli impianti chiusi e il costo di produzione per kilowattora.
Per le associazioni ambientaliste il nucleare di quarta generazione è lungi da venire, e si resta del tutto fuori gioco rispetto alla data di riferimento del 2030. I piccoli reattori sarebbero invece ancora in fase sperimentale.
In definitiva puntare su questo tipo di nucleare giustificandolo come necessario a vincere la lotta ai cambiamenti climatici, "appare una scelta contraddittoria con l’urgenza degli interventi di riduzione delle emissioni climalteranti".
Certi discorsi – sostengono gli esponenti verdi - hanno distolto l’attenzione dalle tecnologie già disponibili sul mercato e basate sulle fonti rinnovabili. Tecnologie in grado di produrre elettricità a costi di gran lunga inferiori senza emettere anidride carbonica, né produrre scorie radioattive o aumentare i rischi di incidenti catastrofici.
Non si manca di far notare inoltre che “i rincari in bolletta, da alcuni paradossalmente addebitati alla transizione ecologica,” sono dovuti, in verità, alla "eccessiva dipendenza del nostro Paese dall’uso del gas e ai ritardi nell’esecuzione del Green Deal”.
La convenienza per il costo delle bollette
Per la convenienza sul costo-bolletta, puntare sul nucleare non sarebbe una soluzione ideale. Viene posto in rilievo come i costi di questo tipo di energia sono saliti sempre di più, mentre i prezzi delle rinnovabili sono progressivamente calati. A considerare i dati del World Nuclear Industry Status Report, nel 2022, produrre 1 kilowattora (kWh) col fotovoltaico sarebbe costato in media, a livello mondiale, 3,7 centesimi di dollaro, con l’eolico 4 e con i nuovi impianti nucleari 16,3.
Qualche riflessione andrebbe fatta anche sull'utilizzo, quando e dove possibile, della energia geotermica, ma ci riserviamo di parlarne in un'altra occasione.
La discussione generale sulle scelte energetiche, in ogni caso, rimane aperta.