Rifiuti, riciclo e riutilizzo, italiani sono tra i più virtuosi d’Europa. Ma scoppia l’emergenza per le raccolte differenziate
Secondo la ING International Survey sull’Economia Circolare il nostro Paese è tra quelli che, grazie a scelte consapevoli, ottiene risultati virtuosi in grado di tutelare l’ambiente e garantire una crescita economica sostenibile. La buona notizia si scontra però con le dichiarazioni delle imprese che si occupano del trattamento dei rifiuti: “A breve saremo costretti a rifiutare nuovi conferimenti di rifiuti da avviare a riciclo”
Per il popolo italiano la tutela dell’ambiente è una questione estremamente importante. Le scelte consapevoli basate sulle 3R (riduzione dei rifiuti, riciclo e riutilizzo) guidano ormai la maggior parte dei cittadini, e questo ha portato il nostro Paese a diventare una delle nazioni Ue più virtuose nelle pratiche in ambito “economia circolare”. Più di tre italiani su quattro (77 per cento) ritiene accettabile il prezzo di una crescita economica più lenta per favorire una maggiore protezione dell’ambiente.
La diffusione dei rifiuti in plastica e il cambiamento climatico sono indubbiamente le criticità più sentite, tanto da preoccupare rispettivamente il 35 e il 39 per cento degli italiani. Anche le aziende cercano di fare qualcosa per l’ambiente, riducendo al minimo l’uso della plastica e aumentando, contestualmente, la quota di riciclo. Gran parte delle realtà industriali ammette tuttavia di non essere in grado di agire concretamente: soltanto il 47 per cento - rivela uno studio dell’Alliance for Corporate Transparency - riesce a raggiungere gli obiettivi che si era preposti.
Il risultato ottenuto dall’Italia lo si deve principalmente ai singoli cittadini che, giorno dopo giorno hanno imparato a differenziare come nessuno in Europa: grazie a questo riusciamo a riciclare il 92 per cento della plastica, seguiti da Germania (87 per cento) e Francia (83 per cento). A livello globale il fanalino di coda è rappresentato dagli Stati Uniti, con un misero 53 per cento. Ma non dimentichiamoci della terza R, quella dell’economia circolare: oltre alla riduzione dei rifiuti e al riciclo, c’è infatti il riutilizzo. Il 60 per cento degli europei ha dichiarato che, nei prossimi 3 anni, opterà per il riutilizzo degli oggetti piuttosto che per il loro smaltimento.
Anche in questo contesto gli italiani risultano essere tra i più virtuosi, con un importante 64 per cento, davanti a Francia (62 per cento), Regno Unito (52 per cento), Germania (49 per cento) e Paesi Bassi (43 per cento), ma dietro a Turchia (70 per cento), Spagna (69 per cento) e Romania (66 per cento). Un risultato eccellente dunque, ma attenzione perché all’orizzonte vi sono delle nubi nere che minacciano il nostro futuro. Le piattaforme del riciclo, infatti, sono allo stremo. “Siamo in piena emergenza e a breve - fanno sapere l’APEC (Associazione piattaforme economia circolare), ASSOPIREC (Associazione delle piattaforme di recupero) e numerose altre imprese di selezione e recupero - saremo costretti a rifiutare nuovi conferimenti di rifiuti da avviare al riciclo. Chiediamo a Governo e Parlamento di attivare quanto prima un tavolo tecnico di confronto tra istituzioni e piattaforme del riciclo per superare l’attuale fase di empasse e scongiurare il concreto e diffuso rischio di blocco delle raccolte differenziate”.
La situazione è diventata esplosiva a causa di una moltitudine di fattori:
- la mancanza di sbocchi per il “blocco” dell’export in Cina, Indonesia e altri paesi, e la riduzione della capacità di assorbimento delle industrie utilizzatrici dei materiali di recupero (cartiere, vetrerie, produttori di pannelli in legno, industrie di trasformazione della plastica, ecc.) hanno causato difficoltà nel collocamento dei materiali recuperati e il crollo generalizzato dei prezzi di questi ultimi sul mercato;
- l’auspicato aumento quantitativo delle raccolte differenziate non è sempre accompagnato da un aumento qualitativo, proprio mentre oggi la domanda di materie prime secondarie si sta concentrando in maniera crescente su materiali più “puri” e con elevati standard qualitativi
Ma uscire dall’emergenza è possibile, e le parti in causa hanno avanzato cinque proposte operative nella speranza che il governo si attivi immediatamente
- promuovere l’adeguamento e il miglioramento tecnico degli impianti con incentivi agli investimenti per aumentare la qualità dei processi e dei materiali/prodotti ottenuti dal riciclo;
- avviare a soluzione il problema della carenza degli sbocchi di mercato attraverso: l’agevolazione e lo snellimento delle procedure per l’esportazione dei materiali selezionati; il coinvolgimento, in base al principio della responsabilità del produttore, del CONAI e dei relativi consorzi per individuare e promuovere sbocchi aggiuntivi; la promozione dell’applicazione dei CAM e nuove misure di sostegno all’acquisto o all’utilizzo delle materie/prodotti provenienti dal riciclo (es. IVA ridotta) in modo da evitare o colmare il divario concorrenziale tra questi ultimi e le materie naturali/vergini;
- facilitare lo smaltimento degli scarti di lavorazione delle aziende del riciclo privilegiandoli, nell’applicazione delle relative tariffe, rispetto al conferimento delle frazioni indifferenziate; al contempo, rispondere al crescente fabbisogno impiantistico di smaltimento attraverso la creazione di nuovi impianti o l’ampliamento di quelli esistenti con procedure più snelle e tempi certi;
- in via straordinaria ed urgente per questo periodo di transizione, fare fronte alle limitazioni autorizzative degli stoccaggi presso gli impianti per evitare il blocco dei conferimenti e, di conseguenza, delle raccolte differenziate; prevedere una congrua rappresentanza degli operatori del settore negli organi di governo del sistema nel suo complesso e delle singole filiere (come peraltro previsto dalle norme di settore).