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La guerra in Ucraina e i falsi miti energetici. Italy for Climate: “Nucleare troppo costoso e pericoloso”

Uscire dal gas e dal nucleare opzione tre volte vincente: per clima, sicurezza e portafogli. In Italia i potenziali della transizione al gas naturale sono già stati ampiamente sfruttati. Quella che ci aspetta nei prossimi anni è decisamente un altro tipo di transizione energetica, basata sulla forte crescita delle rinnovabili e sulla contestuale riduzione dei combustibili fossili

di GreenReport.it   
Foto Shutterstock
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La guerra in Ucraina ha acceso i riflettori sull’importanza dell’indipendenza energetica dell’Italia e sui suoi legami con la transizione energetica. Ma in contemporanea all’attacco russo è partita un’offensiva mediatica che ha occupato televisioni e giornali sulla necessità di trovare alternative al gas russo in altri Paesi più “affidabili” e di appoggio alla decisione del governo draghi - se necessario - di riaprire le centrali a carbone. Intanto, al seguito della lobby fossile, hanno rialzato anche i fautori del nucleare che, in nome della democrazia violata dalla Russia, vorrebbero tirare una riga sui due referendum contro il nucleare votati dal popolo italiano a stragrande maggioranza.

Una specie di “pensiero unico” energetico che non piace per niente a Italy for Climate (I4C), l’iniziativa italiana delle imprese per il clima della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, prova a fare il pinto della situazione: «L’Italia è il secondo Paese in Europa per consumi di gas naturale, dietro solo alla Germania (con oltre di venti milioni di abitanti in più), e il primo in assoluto se guardiamo alla sola produzione di elettricità (per il 50% prodotta con questo combustibile fossile). Per questo l‘Italia è uno dei Paesi europei più esposti alle conseguenze di questa grave congiuntura politica ed economica». Qualcuno dice che l’Italia debba puntare di più sul gas naturale come combustibile di transizione per sostituire petrolio e carbone caratterizzati da maggiori emissioni di gas serra e perseguire i propri obiettivi climatici. Ma è davvero così? Per I4C, no.

Ben prima che i carrarmati russi sferragliassero sul suolo ucraino, il 12 gennaio, Andrea Barbarella, responsabile dell’area clima ed energia e di quella ricerche e progetti della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e coordinatore di Italy for Climate, scriveva: «Diversamente da quanto si potrebbe pensare ascoltando il dibattito nostrano sull’energia, in Italia i potenziali della transizione al gas naturale sono già stati ampiamente sfruttati. Quella che ci aspetta nei prossimi anni è decisamente un altro tipo di transizione energetica, basata sulla forte crescita delle rinnovabili e sulla contestuale riduzione dei combustibili fossili. Incluso il gas. Tradizionalmente tra le grandi economie europee l’Italia è quella con la più alta dipendenza dalle importazioni di energia, essenzialmente fossili: nel 2019 bel il 77% del fabbisogno nazionale è stato soddisfatto dalle importazioni, a fronte ad esempio di una media europea del 61%. Oramai da alcuni anni il gas naturale, certamente un combustibile fossile un po’ meno inquinante degli altri ma con un impatto rilevante sul clima, ha superato il petrolio diventando la prima fonte energetica nazionale.

Per contrastare il cambiamento climatico in corso e rispettare gli impegni europei, l’Italia dovrebbe quasi dimezzare le attuali emissioni di gas serra nel decennio in corso, per arrivare a neutralizzarle entro i vent’anni successivi. Per questo da qui al 2030, prossima milestone del percorso verso la neutralità climatica, la sfida che ci attende sarà quella di far diventare le rinnovabili la prima fonte di energia in Italia. Questo vuol dire certamente far crescere le rinnovabili a ritmi senza precedenti, ma anche tagliare sostanzialmente i consumi di tutti i #combustibilifossili, incluso il gas. Secondo la Roadmap per la neutralità climatica tracciata da Italy for Climate, i consumi nazionali di gas naturale dovrebbero passare dai quasi 75 miliardi di mc del 2019 a poco più  50 miliardi nel 2030: un taglio del 30%».

Barbarella faceva notare che «questi sono i dati sui consumi complessivi di gas naturale, cioè quello impiegato negli usi domestici, nei processi industriali, nella produzione di elettricità e nei trasporti. Ma il dibattito sul gas come combustibile della transizione in Italia riguarda in particolare il comparto della generazione elettrica: forse per questo specifico utilizzo le cose stanno diversamente? Non tanto, direi. Anche in questo caso l’Italia vanta una leadership, essendo diventato il Paese con i più alti consumi di gas naturale per la generazione elettrica: sempre nel 2019 con il gas in Italia sono stati prodotti oltre 140 miliardi di kWh di elettricità (quasi la metà della produzione elettrica nazionale), contro ad esempio poco più di 130 del Regno Unito e 90 della Germania. Ma come per i consumi complessivi, anche per quelli destinati alla sola generazione elettrica la roadmap dell’Italia verso la neutralità climatica imporrebbe un sostanziale ridimensionamento: la produzione di elettricità da gas naturale dovrebbe passare, infatti, dagli oltre 140 miliardi di kWh del 2019 ai poco più di 100 miliardi di kWh del 2030 (-27%)».

Il responsabile dell’area clima ed energia concludeva: «Se l’Italia vuole davvero contrastare la crisi climatica e mettersi in rotta verso un’economia a zero emissioni, non c’è posto per una crescita del gas naturale nella transizione del Paese. Stando così le cose, specie per un Paese come l’Italia senza nucleare e soprattutto con poco carbone da sostituire, penso che parlare oggi di nuovi investimenti nel gas naturale per promuovere la transizione energetica, a cominciare dalla generazione elettrica, potrebbe rientrare a pieno titolo nella categoria dei bla bla bla»

Tornando all’impossibile nucleare citato anche da Barbarella, I4C ricorda che «alcune recenti discussioni in sede europea e ancor più l’attuale crisi energetica (con la conseguente impennata dei costi dell’energia in bolletta) hanno riacceso il dibattito nazionale sul nucleare come possibile fonte per la produzione di elettricità.

Ma è vero che il nucleare, a prescindere dagli irrisolti problemi di sicurezza, potrebbe aiutare a ridurre il costo dell’energia in Italia?

I4C risponde: «Stando alle statistiche ufficiali dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), la più importante organizzazione mondiale sui temi dell’energia, la risposta sembra essere decisamente no. E a confermarlo sono anche le esperienze dirette dei Paesi che stanno lavorando oggi a progetti di nuove centrali nucleari (recentemente Francia e Finlandia) e che stanno registrando continui ritardi e, soprattutto, costi enormemente più alti di quanto originariamente preventivato. Tenendo conto di tutti i fattori che possono influire sul costo di generazione dell’elettricità (costi e tempistiche di costruzione dell’impianto, manutenzione, acquisto della materia prima, etc.), per produrre mille kilowattora di energia elettrica da nucleare in Europa oggi servono 150 dollari: il nucleare ha un costo fino a tre volte superiore a quello delle fonti rinnovabili (fotovoltaico ed eolico)».

Italy for Climate conclude ricordando ai politici e ai lobbisti smemorati che «Se vogliamo centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e i target climatici europei, in meno di un decennio il consumo complessivo di gas nazionale dovrà ridursi di ben il 30%, oltre 20 miliardi dimetri cubi in meno rispetto a oggi. Solo in questo modo potremo rispettare gli impegni internazionali sul clima facendo la nostra parte per limitare l’aumento della temperatura globale, aumentare la nostra indipendenza energetica con un minore ricorso alle importazioni dall’estero e al tempo stesso, grazie alla crescita delle fonti rinnovabili, alleggerire le bollette di famiglie e imprese».

A cura di GreenReport.it

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