Rigassificatori finora mai usati, tempi biblici per le autorizzazioni alle rinnovabili e imprese a rischio chiusura
Parlano tutti i principali player dell'energia. I numeri sulle rinnovabili e il piano già pronto per affrontare la preoccupante crisi energetica

Certo, la guerra. Certo, la Russia. Certo, la geopolitica. Ma la verità sui costi delle bollette è anche un’altra che vi raccontiamo per come l’abbiamo chiesta ai protagonisti di “La transizione energetica”, il primo di tre incontri sui temi dell’energia, “profeticamente organizzato” dal Centro Studi Borgogna di Fabrizio Ventimiglia, avvocato milanese, e dal Vinacci Think Tank di Giancarlo Vinacci, ex assessore allo Sviluppo Economico di Genova, con il tocco magico di Sara Ambrosini, una sorta di dea dell’organizzazione, ricreando il triangolo industriale: Mi-To-Ge: Milano, Torino, Genova, le sedi dei tre incontri, l’area del Nord Ovest Italiano che è la più produttiva di tutta l’Europa, più di tutto il bacino della Ruhr.
Il punto è che, con le attuali tariffe dell’elettricità, l’acronimo del triangolo industriale rischia di essere ribaltato in Ge-Mi-To, il grido di dolore di tante filiere che non ce la fanno più ad andare avanti. E lo raccontano benissimo i protagonisti dell’incontro genovese, il primo della serie, ospitato dal Blue District, uno splendido palazzo a fianco del Porto Antico di Renzo Piano che è un po’ la casa voluta dal sindaco Marco Bucci per tutta l’economia del mare, ma ha soprattutto una caratteristica fondamentale: è studiata per il risparmio energetico e l’autoalimentazione.
Insomma, il tema giusto, nel momento giusto, nel posto giusto. Ma con le bollette sbagliate.
E a riconoscerlo sono anche alcuni di coloro che, in qualche modo, le emettono o contribuiscono ad emettere quelle bollette: Renato Boero, presidente di Iren, uno dei colossi fra le multiutility, fortissima a Torino, a Genova e a Reggio Emilia; Tonino Gozzi, presidente di Duferco Italia Holding, società che ha a che fare con l’energia sia come consumatore, sia come distributore; Giovanni Mondini, vicepresidente di ERG e presidente di Confindustria Liguria e Sonia Sandei, capo dell’elettrificazione di Enel. Insomma, il gotha delle bollette e dell’energia.
E tutti ci hanno raccontato una storia anche diversa dalla vulgata che dà tutte le colpe solo al conflitto in Ucraina. Partendo da Mondini che, da quando ERG ha abbandonato completamente le fonti fossili, la raffinazione e la distribuzione petrolifera per occuparsi di rinnovabili, eolico e solare, ricorda alcuni numeri: “Nel 2020 il costo medio del gas era di 14,5 euro al metro cubo, a fine 2021, con qualche tensione internazionale, ma prima della guerra, a quota 92 euro. E il costo dell’energia, che dipende direttamente da questa cifra, era di 49 euro al megawatt ed è passato a 242 euro al megawatt, nello stesso arco temporale”.
Mondini spiega che a pagare tutto questo non sono le grandi aziende che comprano una “copertura” dell’energia e quindi hanno un prezzo predeterminato, ma le piccole e medie imprese e i cittadini comuni che ricevono le bollette. E, a questo proposito, in perfetto accordo con Sonia Sandei che è la numero uno dell’elettrificazione di Enel, smentisce anche un luogo comune e cioè che gran parte dei costi che paghiamo in bolletta sia solo per finanziare le rinnovabili: “Non chiediamo incentivi, ma autorizzazioni alla realizzazione di impianti”. I dati sono quelli di “Elettricità futura” che è una sorta di gotha dei produttori di elettricità e parlano di impianti già pronti a produrre 60 gigawatt di energia rinnovabile, una quota enorme che renderebbe molto meno necessaria l’importazione di gas per cui siamo ricattabili da Paesi spesso non democratici.
Insomma, parrebbe l’uovo di Colombo e tutti i partecipanti a questo forum sono d’accordo. Ma. Ma c’è un ma: la procedura e la burocrazia che dovrebbe permettere di realizzare impianti per le rinnovabili dovrebbe durare massimo un anno, un anno e mezzo e invece in media i tempi si dilatano fino a sette anni, anche per la necessità dell’ok pure del ministero della Cultura. Mondini assicura: “Ma nessuno ha in mente di mettere pale eoliche in cima alle montagne o a deturpare paesaggi incontaminati”.
Parole d’ordine riprese da Sonia Sandei che è impegnata in una sorta di nervending tour in cui ripete sempre le stesse cose e finalmente hanno iniziato ad ascoltarla: “E’ da quindici anni che batto sull’elettrificazione e finalmente ora lo stanno capendo tutti”. E Mondini e Sandei raccontano anche, numeri alla mano, da dove uscirebbero i 60 gigawatt che allenterebbero fino quasi ad annullare la nostra dipendenza dal gas russo: “12 dall’eolico e dall’idroelettrico e altri 48 dal fotovoltaico”. Numeri che però non comportano lo sfregio della natura, visto che occuperebbero lo 0,3 per cento della superficie agricola totale e addirittura l’1,3 per cento della superficie agricola già abbandonata, creando 80mila posti di lavoro”.
Ma nell’attesa dei tempi autorizzativi, che si spera di ridurre, è possibile se non produrre almeno risparmiare moltissimo in bolletta rispetto a semplicissimi accorgimenti, sempre legati all’elettrificazione: “Ad esempio grazie all’ecobonus sono sempre più i condomini che si dotano di pompe di calore e singoli appartamenti che sostituiscono il gas con le piastre ad induzione”. E l’assicurazione è che tutto questo in bolletta si sente e si sentirà sempre più, in positivo per le tasche dei cittadini”.
Renato Boero, presiede Iren e dà l’elettricità a un bel pezzo di Nord Italia. Anche lui insiste sui tempi incredibili che servono per le autorizzazioni, spesso vittime della sindrome del Nimby, ovunque ma non nel mio giardino. Ma anche lui da un lato sogna un futuro dove le comunità energetiche siano la normalità, ma anche dove la logica delle scelte possa vincere: “Abbiamo un impianto di rigassificazione a Gioia Tauro che, fino ad oggi, non era praticamente mai stato usato e ha grandi potenzialità. E lo stesso di può dire di quasi tutti i rigassificatori italiani, ma fortunatamente ora sta cambiando il vento, anche perché non potevamo continuare così”. E l’altro punto su cui Boero dice parole di saggezza è quello sui termovalorizzatori, che sono una specialità di Iren: “Perché creare discariche quando dai rifiuti si può produrre energia con un doppio risparmio, anche ambientale?”. Ma una domanda che potrebbe sembrare retorica in Italia rischia di essere una conquista anch’essa.
Eppure, per Boero c’è anche la pars construens: “La rete di distribuzione dell’energia, straordinamente interconnessa, avanzata e digitale”. Insomma, almeno in qualcosa siamo all’avanguardia.
L’ultimo tassello in questa ricerca della bolletta perduta lo mette Tonino Gozzi, numero uno di Duferco che spiega come la transizione sia una cosa bella, ma impossibile da un giorno all’altro. E allora c’è la transizione della transizione, cioè come rispondere alle esigenze immediate, “senza ideologismi ed estremismi”, anche dell’elettrificazione. E la prima delle risposte è studiare strade alternative per il gas, visto che al momento non è possibile pensare di farne a meno. E qui le strade sono due: “Ovviamente la produzione nazionale, e l’importazione da altri Paesi rispetto a quelli che non sono democratici”. E qui lo sguardo di Gozzi va a Sud, “dove già Terna si sta muovendo molto bene con il collegamento alla Tunisia per 600 megawatt”. “Ma anche Algeria, pur nella sua complessità, Egitto ed Israele sono Paesi a cui guardare per il gas”.
Altrimenti il rischio è che i settori produttivi primari, rappresentati proprio dallo stesso Gozzi per le esigenze di elettricità, debbano fermarsi: “Le rinnovabili non bastano. Ma il rischio reale è che acciaio, chimica, ceramica, auto, vetro e tanti altri ad aprile stacchino, letteralmente, la spina, e arrivino a quella data solo grazie alle coperture preventive”. E qui la conclusione di Gozzi è una battuta con cui castigat ridendo mores: “Tranne che si pensi alla decarbonizzazione migliore di tutte, quella di chiudere il settore produttivo del nostro Paese”. Un paradosso amarissimo, che spiega moltissimo.