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È verde il Recovery fund da 500 miliardi di euro proposto da Francia e Germania

«Il Green deal è la nuova strategia di crescita dell’Ue e la nostra tabella di marcia per un’economia prospera e resiliente, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050»

di A cura di Luca Aterini – Direttore GreenReport.it   
È verde il Recovery fund da 500 miliardi di euro proposto da Francia e Germania

A mille chilometri di distanza l’uno dall’altro, i leader di Francia e Germania hanno presentato in videoconferenza una proposta congiunta di Recovery fund – un Fondo per la ripresa economica post-pandemia – che potrebbe finalmente far fare un passo avanti all’unione politica ed economica del Continente: 500 miliardi di euro da raccogliere sul mercato emettendo bond europei, per poi suddividerli con trasferimenti (grants) diretti alle regioni più colpite da Covid-19 sostenendo la transizione ecologica dell’Ue.

A gestire la partita sarebbe direttamente la Commissione europea, che potrebbe indebitarsi con titoli a lunga scadenza a nome dell’intera Ue – dunque spuntando tassi d’interesse molto bassi, se non negativi – includendo il Recovery fund all’interno del proprio bilancio pluriennale 2021-2027; i vari Stati membri sarebbero dunque responsabili di ripagare la loro quota di bilancio Ue (attualmente per l’Italia significa il 14%), mentre le risorse del Fondo sarebbero dirette a sostenere soprattutto i Paesi più colpiti (tra i quali l’Italia, che dovrebbe ricevere dunque più della propria quota).

Risorse per fare cosa? Nell’ambito della proposta avanzata da Emmanuel Macron e Angela Merkel, tra i punti principali spicca la transizione ecologica, cui viene dedicato uno spazio centrale nell’accordo franco-tedesco: il Green deal che i sovranisti italiani vorrebbero bloccare si conferma al contrario «la nuova strategia di crescita dell’Ue e la nostra tabella di marcia per un’economia prospera e resiliente, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050».

In questo contesto, l’accordo tra Francia e Germania prevede di: innalzare i target di riduzione delle emissioni climalteranti al 2030 (ad oggi fissati a -40% rispetto al 1990, ma si punta già al -50 o -55%) evitando al contempo che vengano ricollocate altrove (ovvero in Paesi non europei dai quali importiamo beni e servizi) attraverso una carbon border tax; estendere ad altri settori economici il vigente mercato europeo del carbonio (Eu Ets) prevedendo al contempo un prezzo minimo per le emissioni di carbonio (crollato del 40% a causa della pandemia); realizzare una tabella di marcia per indirizzare ogni settore economico verso una ripresa verde, includendo target ambientali e climatici.

La proposta elaborata da Francia e Germania è stata apprezzata da molti commentatori e anche da altri Stati membri, tra i quali l’Italia, ma rimangono aperti molti punti critici e soprattutto sarà necessario trovare un accordo unanime tra i 27 Paesi europei. «La proposta franco-tedesca (500 miliardi a fondo perduto) è un primo passo importante nella direzione auspicata dall’Italia – commenta il premier Conte – Ma per superare la crisi e aiutare imprese e famiglie serve ampliare il Recovery fund. Siamo fiduciosi in una proposta ambiziosa da parte della Commissione europea», dalla quale si attende una proposta per il 27 maggio.

In ogni caso, il Recovery fund franco-tedesco rimane molto distante rispetto a quanto si aspettano i Paesi dell’Europa mediterranea e dallo stesso Europarlamento, che nei giorni scorsi ha chiesto alla Commissione Ue un pacchetto da 2mila miliardi per aiutare persone e imprese a far fronte alla profonda recessione economica causata da Covid-19; al contempo, si spinge molto oltre quanto erano (finora?) disposti a concedere i governi di Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia, Danimarca e in parte della stessa Germania. Per trovare un punto di caduta, più che un compromesso è necessario un cambio di prospettiva: o gli Stati membri decidono di mettere in comune le proprie forze per investire in una ripresa verde del continente, cedendo ognuno un pezzetto della propria sovranità nazionale per acquisirne una più ampia europea, oppure il sogno europeo continuerà a deteriorarsi sempre di più.

A cura di Luca Aterini – Direttore GreenReport.it

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