Le auto elettriche minacciano lo sviluppo di molte nazioni: il rischio di cui non si parla
Le Nazioni Unite lanciano l’appello ed evidenziano il pericolo di un aumento esponenziale dello sfruttamento minerario necessario a seguito della domanda crescente di materie prime per batterie
Secondo il rapporto “Commodities at a glance: Special issue on strategic battery raw materials” pubblicato dall’United Nations Conference on trade and devlopment (Unctad), «La domanda di materie prime utilizzate per la produzione di batterie ricaricabili crescerà rapidamente man mano che l’importanza del petrolio come fonte di energia diminuisce, come evidenziato recentemente dal crollo dei prezzi a causa dell’eccesso di offerta e della debole domanda derivante da CovidD-19».
Il rapporto Unctad documenta la crescente importanza della mobilità elettrica e i principali materiali utilizzati per produrre batterie ricaricabili per auto e dice che «Gli sforzi in corso per ridurre le emissioni di gas serra dovrebbero stimolare ulteriori investimenti nella produzione di energia verde, che è stata costante negli anni, attestandosi in media a circa 600 miliardi di dollari all’anno».
Presentando il rapporto, la direttrice per il commercio internazionale dell’Unctad, Pamela Coke-Hamilton, ha sottolineato che «Le fonti alternative di energia come le batterie elettriche diventeranno ancora più importanti man mano che gli investitori diventeranno più diffidenti verso il futuro dell’industria petrolifera». Negli ultimi anni le vendite di auto elettriche sono cresciute e nel 2018 erano aumentate del 65% rispetto al 2017, arrivando a 5,1 milioni di veicoli. Secondo l’International energy agency dovrebbero raggiungere i 23 milioni nel 2030. Nel 2018 il mercato mondiale dei catodi per le batterie agli ioni di litio, la batteria ricaricabile per auto più comune, era stimato in 7 miliardi di dollari e il rapporto dice che entro il 2024 raggiungerà i 58,7 miliardi di dollari.
Ma dietro le auto elettriche ci sono materiali come il cobalto, il litio, il rame, il nickel e le terre rare la cui estrazione comporta giganteschi problemi ambientali e sociali e persino geopolitici, ma l’Unctad è convinta che «Se le materie prime utilizzate nella loro produzione vengono acquistate e prodotte in modo sostenibile. Le batterie ricaricabili svolgeranno un ruolo significativo nella transizione globale verso un sistema energetico low-carbon e contribuiranno a mitigare le emissioni di gas serra».
La ha affermato Coke-Hamilton ha aggiunto che «L’aumento della domanda di materie prime strategiche utilizzate per fabbricare batterie per auto elettriche aprirà maggiori opportunità commerciali per i Paesi che forniscono questi materiali. E’ importante che questi Paesi sviluppino la loro capacità di progredire nella catena del valore».
Ma il problema sono – come dimostra il recente “golpe del litio” in Bolivia – proprio le materie prime per le batterie le cui riserve sono fortemente concentrate in alcuni Paesi: quasi il 50% delle riserve mondiali di cobalto si trova nella Repubblica democratica del Congo (Rdc), il 58% delle riserve di litio sono in Cile, l’80% delle riserve di grafite naturale sono in Cina, Brasile e Turchia, mentre il 75% delle riserve di manganese sono in Australia, Brasile, Sudafrica e Ucraina. Una produzione fortemente concentrata, spesso in Paesi poveri e instabili, che può venire interrotta dall’instabilità politica e dagli impatti ambientali negativi e che, evidenzia il rapporto «Solleva preoccupazioni sulla sicurezza dell’approvvigionamento delle materie prime ai produttori di batterie. Le interruzioni dell’approvvigionamento possono portare a mercati più ristretti, prezzi più alti e costi più elevati delle batterie per auto, influenzando la transizione globale verso la mobilità elettrica low-carbon».
Secondo il rapporto, «Investire di più nelle tecnologie verdi che dipendono meno dalle materie prime critiche per le batterie potrebbe aiutare a ridurre la vulnerabilità dei consumatori per le carenze di rifornimenti nell’attuale mix di materiali come litio e cobalto, ma questo ridurrebbe i ricavi dei Paesi che li producono». Anche se lo xstesso rapporto fa notare che «La maggior parte del valore aggiunto alle materie prime utilizzate nella produzione di batterie ricaricabili viene prodotto al di fuori dei Paesi che producono i materiali. Ad esempio, il valore aggiunto ai minerali di cobalto dalla Rdc è limitato ai prodotti o ai concentrati intermedi. Le ulteriori elaborazioni e raffinazione per ottenere i prodotti finali utilizzati nelle batterie ricaricabili e per altre applicazioni, vengono eseguite principalmente nelle raffinerie di Belgio, Cina, Finlandia, Norvegia e Zambia».
La situazione più tragica è quella della Rdc, dove quella che gli africani chiamano la Terza Guerra Mondiale del Congo dura da più di 30 anni proprio per il possesso delle risorse e dove si estraggono i due terzi della produzione mondiale di cobalto. L’Unctad fa notare che il più grande Paese africano «Non ha massimizzato i benefici economici del minerale a causa di infrastrutture, tecnologia, capacità logistica, finanziamenti e mancanza di politiche adeguate per incoraggiare l’aggiunta di valore locale».
La produzione di elettrodi per batterie per auto è dominata da Paesi asiatici: Nel 2015 la Cina rappresentava circa il 39% del mercato globale, il Giappone il 19% e la Corea del Sud il 7%.
Il rapporto fa luce sugli impatti sociali e ambientali dell’estrazione di materie prime per le batterie delle auto e sottolinea l’urgente necessità di affrontarle. Ad esempio, «Circa il 20% del cobalto fornito dalla Rdc proviene da miniere artigianali in cui sono state segnalate violazioni del lavoro minorile e dei diritti umani». Secondo l’Unicef «Fino a 40.000 bambini lavorano in condizioni estremamente pericolose nelle miniere per un reddito scarso».
In Cile, l’estrazione del litio utilizza quasi il 65% dell’acqua nella regione del Salar de Atamaca, una delle aree desertiche più aride del mondo, per pompare salamoie da pozzi trivellatii. Questo ha causato l’esaurimento e l’inquinamento delle acque sotterranee, costringendo i coltivatori di quinoa e i pastori di lama a migrare e abbandonare i loro insediamenti ancestrali. Ha inoltre contribuito al degrado ambientale, ai danni al territorio e alla contaminazione del suolo.
Il rapporto conclude sottolineando che «Gli impatti ambientali negativi potrebbero essere ridotti aumentando gli investimenti nelle tecnologie utilizzate per riciclare le batterie ricaricabili esaurite»
GreenReport.it