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Raggiunto all’Onu l’accordo per un Trattato globale sugli oceani. Greenpeace: «Un momento storico»

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Dopo quasi venti anni di negoziato, stanotte gli Stati Membri delle Nazioni Unite hanno finalmente concordato un Trattato Globale sugli Oceani. Il testo adesso verrà sottoposto a correzioni editoriali e tradotto prima di essere adottato in una successiva sessione. Questo trattato è una vittoria monumentale per la protezione degli oceani e un segnale importante del fatto che il multilateralismo funziona ancora, in un mondo sempre più diviso.

Il Trattato Globale sugli Oceani dà una possibilità concreta all’obiettivo 30×30: proteggere il 30 percento degli oceani entro il 2030. Il testo, frutto di un negoziato serrato, presenta comunque dei punti critici e adesso sta ai governi di ratificare al più presto il trattato e quindi metterlo in pratica in modo rapido, efficace ed equo.

«Questo è un momento storico per la protezione della natura e degli oceani. Ed è anche un segnale che in un mondo sempre più diviso, la protezione della natura e delle persone può trionfare sui calcoli della geopolitica», dichiara Laura Meller di Greenpeace. «Ci congratuliamo con tutti i Paesi per aver raggiunto un compromesso mettendo da parte le diverse posizioni e producendo un trattato che ci permetterà di proteggere il mare, aumentare la nostra resistenza ai cambiamenti climatici e proteggere la vita e il benessere di miliardi di persone».

Per Greenpeace adesso è però il momento di passare dalle parole ai fatti: è necessaria una rapida ratifica che permetta al trattato di entrare presto in vigore e quindi cominciare a creare quei santuari utili a proteggere gli oceani di cui abbiamo bisogno. Abbiamo poco tempo per raggiungere l’obiettivo 30×30 e non possiamo temporeggiare.

Gli Stati della High Ambition Coalition, che comprende l’Unione Europea, gli Stati Uniti e la Cina, sono stati fondamentali per chiudere l’accordo, mostrando una volontà di cooperazione e ricerca del compromesso negli ultimi giorni del negoziato, cercando alleati anziché seminare divisioni. I Paesi del gruppo degli Stati insulari (Small Island States) hanno mostrato leadership nel corso di tutto il processo e il gruppo dei Paesi del G77, che comprende la gran parte degli altri Stati, ha guidato il processo per far sì che il trattato possa essere messo in pratica in modo equo e giusto.

Adesso i Paesi, Italia inclusa, devono raggiungere in tempo l’obiettivo 30×30: serve una rapida ratifica del Trattato e poi la creazione di una rete efficace di santuari per proteggere tutto il mare, dentro e fuori i limiti delle acque territoriali. Inoltre, è importante sfruttare questo successo per fermare vecchie e nuove minacce – come lo sfruttamento minerario degli abissi marini, il cosiddetto Deep Sea Mining – e mettere al centro la tutela del mare. Oltre cinque milioni e mezzo di persone hanno firmato, globalmente la petizione di Greenpeace che chiedeva un forte Trattato Globale per gli Oceani: questa è una vittoria per tutte e tutti loro.

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