In cerca di delfini, balene e tartarughe con Greenpeace. L’esperienza che regala emozioni
Il racconto di Giulia Bussotti, responsabile lasciti e grandi donatori per Greenpeace Italia
Giulia Bussotti, responsabile lasciti e grandi donatori per Greenpeace Italia, ha partecipato alle attività di monitoraggio cetacei al largo di Ponza della nostra spedizione “C’è di mezzo il mare”. Ecco la sua esperienza.
Il mare ci invita sempre a vivere emozioni fortissime, anche quando non lo abbiamo messo in conto. Può succedere in giornate di calma piatta, con cielo terso e poche nuvole all’orizzonte, di avvistare in lontananza qualcosa che sembra un oggetto senza vita, come un tronco alla deriva, ma poi man mano che ti avvicini vedi che alza la testa, scuote le pinne e dopo alcuni respiri profondi torna a immergersi nelle profondità. È una Caretta caretta quella che abbiamo appena visto, e in questi giorni trascorsi in mare fortunatamente ne abbiamo viste tante. Esemplari adulti, di grandi dimensioni, che ci confermano quanto il nostro mare sia ricco di animali straordinari.
Ma le sorprese non finiscono qui. In un attimo di pausa, dopo un fugace pranzo, qualcuno dal punto di avvistamento urla «delfini!». In pochi secondi l’intero equipaggio si precipita a prua, afferrando rapidamente telefoni e telecamere e lì comincia la conta, quattro, cinque, dieci, venti stenelle striate adulte e subadulte che nuotano tra le onde generate dal nostro scafo e si esibiscono in salti acrobatici, mostrando la loro splendida livrea. Non è la prima volta che mi capita di vedere gruppi così numerosi, ma questa volta le stenelle erano così vicine che se ci fossimo sporti avremmo potuto quasi toccarle. È sempre stupefacente riconoscere la loro intelligenza, la loro capacità di entrare in relazione, di giocare con la barca, saltando e mostrando la pancia. Sembra quasi vogliano mettersi in mostra ed entrare in contatto con noi.
Momenti intensi come questi non si verificano però tutti i giorni, può anche capitare di passare interminabili ore a osservare il mare piatto nell’attesa di scorgere uno sbuffo in lontananza o una pinna in avvicinamento, senza però mai vederla. Fa parte del gioco, dobbiamo pensare che questo modo di osservare gli animali liberi nel loro ambiente naturale è il più autentico e rispettoso, per questo richiede pazienza e un po’ di abnegazione. Uscite prive di avvistamento possono capitare, ma ho imparato che non bisogna mai perdere le speranze, perché tutto può cambiare in pochi secondi. Come è successo in una di queste giornate senza avvistamenti, quando, mentre tornavamo in porto, un delfino costiero tursiope, un esemplare di grandi dimensioni, con una lunghezza di 2,5 metri è venuto a fare bowriding e a salutarci.
Infine, si potrebbe pensare che stare ore intere a prua sotto il sole a guardare il mare immobile sia faticoso e anche un po’ noioso, per la vita frenetica e nevrotica a cui siamo abituati, ma non è così: il mare aperto, come ci ha detto Alessandra, la nostra ricercatrice di Oceanomare Delphis, è magnetico nella sua bellezza sconfinata e misteriosa, ti cattura i pensieri e ti centra, ridimensiona il posto che pensiamo di occupare in questo Pianeta e ci ricorda perché abbiamo il dovere di proteggerlo.