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Le attività illecite della flotta fantasma russa sotto il naso dell’Italia: la nostra inchiesta con Report

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Le attività illecite della flotta fantasma russa sotto il naso dell’Italia: la nostra inchiesta con...

Da metà 2024, le acque al largo della Sicilia, sono diventate il nuovo hub per la flotta fantasma russa, l’insieme di navi usate da Putin per aggirare le sanzioni europee sul petrolio russo introdotte dopo l’invasione dell’Ucraina. Con la trasmissione Report di Rai3 abbiamo monitorato, da gennaio a novembre 2024, le attività di 52 petroliere al largo del Golfo di Augusta, nelle acque di fronte Siracusa per verificare eventuali legami con la flotta fantasma di Mosca. Ecco cosa abbiamo scoperto.

Trasferimenti di greggio in mare aperto per violare le sanzioni

Lo specchio di mare a poche centinaia di metri dalle acque territoriali italiane è attualmente un hotspot per i trasbordi di greggio e prodotti petroliferi da una nave all’altra (ship to ship transfer, StS). Queste pericolose operazioni vengono fatte in mare aperto per nascondere la reale origine del carico e violare così l’embargo europeo sul petrolio russo. Su 52 petroliere monitorate, abbiamo individuato 33 trasferimenti StS. 10 di questi hanno coinvolto almeno una nave della flotta fantasma russa. Tutto avvenuto alla luce del sole, sotto il naso dell’Italia.

Come il petrolio russa passa per l’Italia

Monitorando i movimenti delle navi, abbiamo scoperto che nel 2024 alcune petroliere sanzionate o sanzionabili hanno attraccato nei porti italiani in piena violazione delle regole europee contro Mosca. Tra queste, c’erano anche navi che si sono rese irrintracciabili al largo delle coste libiche, area nota per il contrabbando di carburante, quindi sospettabili di attività illecite. A tutte è stato permesso l’attracco, talvolta anche lo scarico di petrolio, senza che si procedesse con le ispezioni dovute. Abbiamo monitorato anche una nave che per tutto il 2024 non ha mai effettuato fermate in porto, non è mai stata ispezionata e ha fatto ben 115 trasferimenti in mare aperto, di cui 26 al largo di Augusta e 16 da navi che avevano appena prelevato da porti russi. Tutti i dati dell’inchiesta sono disponibili nel nostro report completo.

Le complicità delle autorità italiane

Secondo le norme europee, le navi che battono bandiera russa o sono classificate dal registro navale russo, oltre a quelle che battevano bandiera russa all’indomani dell’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022, non possono accedere ai porti dei Paesi UE. Anche le navi che hanno appena fatto un trasferimento di greggio con una nave della flotta fantasma non possono accedere ai porti UE finché non hanno scaricato il carico altrove. C’è poi l’esplicito divieto alle aziende dei Paesi UE sia di fornire servizi di assistenza tecnica, finanziaria e di altro tipo a navi della flotta fantasma di Mosca , sia di vendere navi cisterna a soggetti in Russia o destinate ad essere usate in Russia. 

Nonostante ciò, alcune società italiane attive nel settore del trasporto marittimo agiscono a beneficio della flotta fantasma russa. Tra queste, RINA Spa, al 70 per cento di proprietà del Registro navale italiano e nel cui consiglio di amministrazione siedono due membri del Ministero dei Trasporti, continua a certificare navi della flotta fantasma. Abbiamo scoperto, infine, che tra le imbarcazioni della flotta messa in campo da Mosca ci sono anche navi che in precedenza erano di armatori italiani.

Il contributo italiano ed europeo alla macchina da guerra di Putin

La nostra inchiesta rivela che la mancata vigilanza delle autorità italiane competenti – da quelle governative a quelle portuali – sulle attività della flotta ombra a poche centinaia di metri dalle nostre acque territoriali, e in alcuni casi direttamente nei nostri porti, ha permesso a Mosca  di aggirare l’embargo sul petrolio russo e continuare così a finanziare la macchina bellica di Putin. Nonostante le sanzioni occidentali, i proventi delle fonti fossili sono ancora la principale entrata per Mosca e un rublo su tre che finisce nelle casseforti russe è destinato alle spese militari del Cremlino. 

Se il gas e il petrolio hanno continuato a finanziare la guerra di Putin in questi mesi non è solo grazie alle tecniche evasive messe in campo da Mosca o alla debolezza dei controlli occidentali, ma anche perché l’Unione Europea non ha voluto puntare su sanzioni ambiziose contro le fonti fossili russe  e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili per ridurre una volta per tutte la sua dipendenza dal petrolio e dal gas. 

Le sanzioni europee contro la Russia vietano infatti ai Paesi UE solo di importare petrolio russo trasportato via mare. Per evitare un aumento globale del prezzo del petrolio, è stato deciso di permettere agli Stati membri di continuare a offrire servizi alle navi che esportano petrolio russo a Paesi terzi nel rispetto del prezzo (price cap) fissato dal G7. Inoltre, l’embargo europeo non mette al bando né il gas né il gas naturale liquido russi, tanto che l’import europeo di GNL russo nel 2024 ha addirittura raggiunto il record, con un incremento del 20 per cento rispetto al 2023.

Perché la flotta fantasma è un pericolo per la sicurezza e per l’ambiente 

Recentemente è emerso il sospetto che le navi della flotta fantasma siano una minaccia per la sicurezza nazionale e le infrastrutture critiche, poiché potrebbero supportare  attività di spionaggio e sabotaggio pilotate da Mosca. Le conseguenze principali delle attività della flotta fantasma russa riguardano tuttavia il nostro ecosistema marino e costiero. La nostra inchiesta rivela infatti che il 60% delle navi che hanno fatto trasferimenti al largo di Augusta ha più di 15 anni. Oltre a essere vecchie e fatiscenti, le navi della flotta fantasma sono anche prive di assicurazione adeguata contro i danni da sversamento di petrolio. Queste navi hanno spesso una manutenzione insufficiente, assetti proprietari opachi e bandiere di comodo, cioè di Stati poco attenti ai regolamenti internazionali. Il risultato è che in caso di incidente è molto difficile risalire ai responsabili e avere accesso ai fondi per coprire i costi di un eventuale disastro ambientale.

All’Italia e all’UE chiediamo di dire addio al petrolio e al gas, non solo russo 

Per fermare nell’immediato il commercio illegale di petrolio russo al largo delle coste italiane, chiediamo al governo Meloni e all’Unione europea di identificare le petroliere della flotta ombra e di inserire queste navi cisterne e i loro proprietari all’interno dei pacchetti di sanzioni europee, potenziando. la vigilanza e il controllo sulla loro applicazione. All’UE chiediamo inoltre più coraggio nella transizione ecologica, la messa al bando di tutte le fonti fossili russe, compreso il GNL e il gas trasportato via gasdotto, il veto a ogni nuova infrastruttura fossile all’interno dell’Unione Europea, la rapida riduzione del consumo europeo di fonti fossili e l’eliminazione del gas fossile entro il 2035. Solo così potremo smettere di contribuire davvero alla macchina da guerra di Putin, contrastare la crisi climatica in corso e tutelare l’ecosistema del Mediterraneo da possibili disastri ambientali. 

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