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La Norvegia ha detto no al Deep Sea Mining, le estrazioni nell’Artico. Una vittoria anche di Greenpeace

La Norvegia aveva autorizzato le prime estrazioni in mare nel 2024, ma ora il governo ha fatto un passo indietro. A gennaio 2024 il governo norvegese aveva votato per aprire all’estrazione mineraria un’area grande quasi quanto l’Italia

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La Norvegia ha detto no al Deep Sea Mining, le estrazioni nell’Artico. Una vittoria anche di...

Dopo più di un anno di pressioni massicce da parte di attivisti, scienziati e comunità internazionale, il governo norvegese ha accettato di fermare la concessione di licenze per le estrazioni nelle acque dell’Artico

Si tratta di una grande vittoria per la Campagna contro il Deep Sea Mining sostenuta da Greenpeace, come affermato anche da Haldis Tjeldflaat Helle, attivista di Greenpeace Nordic: “Dopo il duro lavoro di attivisti, ambientalisti, scienziati e pescatori, abbiamo ottenuto una vittoria storica per la protezione degli oceani, perché la concessione delle licenze per le estrazioni minerarie in mare è stata bloccata. L’ondata di proteste contro il Deep Sea Mining sta crescendo. Non permetteremo che questa industria distrugga la vita unica nelle profondità marine, né nell’Artico né altrove”.

La Norvegia aveva autorizzato le prime estrazioni in mare nel 2024, ma ora il governo ha fatto un passo indietro

A gennaio 2024 il governo norvegese aveva votato per aprire all’estrazione mineraria un’area grande quasi quanto l’Italia. La zona si trova nell’Artico, tra le Svalbard e l’isola di Jan Mayen, a est della Groenlandia, uno degli ultimi luoghi incontaminati per la vita marina artica. 

L’obiettivo era concedere le prime licenze di sfruttamento all’inizio del 2025, ma dopo le pressioni dell’opinione pubblica – sostenute anche da Greenpeace – e grazie anche ai negoziati politici, i partiti di governo hanno accettato di fermare il primo ciclo di licenze almeno per tutto il 2025. Ciò significa che non verranno concesse le prime licenze prima delle prossime elezioni parlamentari che si terranno in Norvegia nel settembre 2025. Naturalmente esiste la possibilità che un nuovo governo voglia concedere le licenze per il Deep Sea Mining una volta insediatosi, ma ogni ulteriore avanzamento sarà oggetto di nuove trattative.

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Il piano norvegese per lo sfruttamento dei fondali marini ha suscitato forti reazioni da parte della comunità internazionale. La Commissione europea ha espresso forte preoccupazione per l’impatto ambientale dei piani di estrazione. 119 parlamentari europei hanno scritto una lettera aperta ai loro colleghi norvegesi, chiedendo loro di fermare il processo di apertura, e più di 900 scienziati esperti degli oceani hanno chiesto di fermare l’estrazione mineraria in acque profonde a livello globale. Una mobilitazione collettiva, questa, che ha portato finalmente i suoi frutti.

Cosa aspetta l’Italia a schierarsi a sua volta contro il Deep Sea Mining?

La mobilitazione norvegese contro il Deep Sea Mining è stata un successo, ma bisogna fare ancora di più. Decine di Paesi hanno chiesto una pausa precauzionale o appoggiato una moratoria per dire no alle estrazioni minerarie negli abissi. L’Italia non è ancora tra questi. 

Estrarre  i metalli come cobalto, manganese e nichel significherebbe calare negli abissi enormi bulldozer che potrebbero spazzare via interi ecosistemi marini e le specie che li abitano. Non possiamo permetterlo: bisogna fermare le estrazioni in acque profonde sul nascere e anche l’Italia deve aderire al più presto alla moratoria internazionale!

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