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Aviaria e peste suina: nuovi focolai negli allevamenti intensivi italiani

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Aviaria e peste suina: nuovi focolai negli allevamenti intensivi italiani

L’Italia si trova di nuovo a fronteggiare problemi sanitari legati agli allevamenti intensivi. Il rapido diffondersi dell’influenza aviaria e della peste suina africana sta mettendo a dura prova il settore zootecnico, con abbattimenti di massa degli animali, misure restrittive e gravi ripercussioni economiche. Ma questa crisi va oltre il danno immediato: evidenzia le fragilità di un sistema produttivo che favorisce la proliferazione di virus mettendo a rischio non solo gli animali, ma anche la salute e l’ambiente.

Di fronte a tutto questo, è il momento di chiedersi: possiamo davvero continuare con un sistema che mette al primo posto la produttività ad ogni costo, sacrificando tutto il resto?

La diffusione dell’aviaria: un problema in Italia e nel mondo

Da gennaio 2024, in Italia sono stati accertati ben 70 focolai di influenza aviaria, di cui 21 accertati solo nel mese di gennaio tra le province di Mantova e Verona, e con un ultimo caso che segna la comparsa del virus anche in provincia di Torino. Nel nostro Paese sono oltre 4 milioni gli avicoli domestici coinvolti dal virus dall’inizio del 2024, di cui oltre 2 milioni soltanto a gennaio 2025

Pur non avendo ancora registrato infezioni umane nel nostro Paese, come avvenuto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, il virus dell’aviaria si sta diffondendo a ritmo preoccupante e gli allevamenti intensivi stanno avendo un ruolo cruciale nell’aggravare il problema. Questi infatti rappresentano un terreno fertile per la proliferazione di zoonosi come l’aviaria, perché le condizioni di sovraffollamento e lo stretto contatto tra animali aumentano il rischio di mutazioni del virus e il suo potenziale pandemico. 

STOP ALLEVAMENTI INTENSIVIPer contenere la diffusione dell’aviaria sono già stati abbattuti milioni di animali 

In Italia le contromisure adottate nelle aree più colpite stanno chiedendo un prezzo molto alto al settore avicolo: milioni di capi sono stati abbattuti e si è reso necessario istituire zone a ulteriore restrizione (ZUR), ovvero zone dove è stato imposto il blocco del ripopolamento.

Non va meglio sul fronte della peste suina africana

Se la crisi legata al virus dell’aviaria è allarmante, quella legata alla peste suina africana non è da meno. Da gennaio 2022 ad oggi, si contano 48 focolai negli allevamenti di suini italiani, con l’ultimo caso registrato il 9 gennaio 2024 nel Piacentino. Solo nel 2024, oltre 100 mila animali sono stati abbattuti per arginare il contagio.

Il governo ha messo in campo alcuni strumenti, come il recente decreto del Ministero dell’Agricoltura che ha stanziato 6,5 milioni di euro per migliorare la biosicurezza degli allevamenti. Ma queste misure sono davvero sufficienti, da sole?

«L’attuale epidemia di peste africana potrebbe essere l’occasione per rivedere la struttura del comparto zootecnico, in particolare la densità del numero di animali presenti negli allevamenti – commenta il dott.Vittorio Guberti, del Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Bologna e tra i massimi esperti europei sul tema – Ma soprattutto grande impulso dovrebbe essere dato al benessere animale perché è ormai provato che buone condizioni di salute degli animali aumentano la produttività degli allevamenti e permettono una migliore prevenzione delle malattie».

Perché gli allevamenti intensivi sono un problema

Le epidemie come l’aviaria e la peste suina evidenziano le fragilità degli allevamenti intensivi, dove un singolo focolaio può costringere all’abbattimento di migliaia di capi per contenere il contagio, anche se solo alcuni di essi risultano infettati dal virus. 

Oltre ai costi ambientali e sanitari, c’è da considerare l’impatto economico per gli allevatori: questo circolo vizioso non si spezzerà mai se non rivediamo completamente il sistema degli allevamenti intensivi.

Una proposta di legge per cambiare rotta

Nel marzo 2024 noi di Greenpeace Italia, insieme a  WWF Italia, ISDE – Medici per l’ambiente, Lipu e Terra! abbiamo presentato alla Camera la proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi”. L’obiettivo? Avviare una transizione verso un modello agro-ecologico che riduca l’impatto ambientale e sanitario della zootecnia intensiva.

La proposta, sottoscritta da 23 parlamentari di diversi schieramenti politici, prevede un piano di riconversione del settore finanziato da un fondo dedicato. Al centro ci sono le piccole aziende agricole, che potrebbero beneficiare di filiere più sostenibili, tecniche innovative e un sistema basato sulla qualità piuttosto che sulla quantità.

Per sensibilizzare le comunità locali, in questi giorni noi e le altre associazioni abbiamo inviato ai Comuni una mozione per sostenere questa legge. L’idea è coinvolgere i territori impattati dalle conseguenze degli allevamenti intensivi in una discussione che non riguarda solo la salute degli animali, ma anche quella degli esseri umani e dell’ambiente.

BASTA ALLEVAMENTI INTENSIVISono in gioco salute, ambiente e futuro: basta allevamenti intensivi!

Le crisi sanitarie legate agli allevamenti intensivi non sono più eventi rari, ma la conseguenza diretta di un sistema che mette al primo posto la produttività, spesso a scapito della sicurezza e del benessere degli animali e delle persone.

La nostra proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi” non è solo un tentativo di risolvere una crisi attuale, ma un’opportunità per ripensare la zootecnia italiana in chiave sostenibile, garantendo salute, qualità del cibo e dignità per chi lavora nel settore. È ora di trasformare le emergenze in un punto di svolta per il nostro futuro.

Stop allevamenti intensivi!

Chiedi con noi al governo italiano di bloccare la costruzione di nuovi allevamenti intensivi e di avviare una conversione ecologica di quelli esistenti

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