Per fingersi green, il colosso del petrolio e del gas sarà presente sul palco dell’Ariston sia con Plenitude che con Enilive.
A pochi giorni dall’inizio del Festival di Sanremo, denunciamo l’ennesima operazione di greenwashing di ENI, tra i principali sponsor della kermesse canora per il terzo anno consecutivo. Per l’edizione 2024, ENI addirittura raddoppia: per fingersi green, il colosso del petrolio e del gas sarà infatti presente sul palco dell’Ariston sia con Plenitude che con Enilive.
Mentre assistiamo all’aggravarsi della crisi climatica in Italia e nel mondo, chi è fra i principali responsabili come ENI continua a inquinare indisturbato e sfrutta eventi come Sanremo per promuove un’immagine green che non trova riscontro nella realtà.
Soltanto paroleIl greenwashing di ENI è subdolo e diffuso, con sponsorizzazioni di eventi culturali e manifestazioni sportive, accordi con scuole e università, pubblicità sui media per condizionare l’informazione sul clima. Il Festival di Sanremo non dovrebbe più accettare finanziamenti da un’azienda come ENI che, continuando a lucrare sul gas e sul petrolio, causa migliaia di morti ogni anno.
ENI è il principale emettitore di CO₂ del nostro Paese e i suoi piani prevedono di continuare a investire sui combustibili fossili. Anche se la multinazionale prova a dipingersi come attenta all’ambiente, sappiamo che per ogni euro investito in Plenitude, ENI ha investito 15 euro in petrolio e gas. Inoltre, poiché la gran parte degli investimenti di Plenitude sono diretti ad attività energetiche non rinnovabili, possiamo stimare che per ogni euro investito da ENI in fonti fossili meno di sette centesimi vengono investiti in energie rinnovabili.
Vogliamo impegni concretiLe emissioni dell’azienda potrebbero essere evitate se ENI cambiasse il proprio piano industriale e abbandonasse le fonti fossili perseguendo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima. Per questo motivo, insieme a ReCommon e dodici cittadine e cittadini italiani abbiamo portato ENI in tribunale con “La Giusta Causa” : l’intento è obbligare l’azienda a cambiare il suo modello industriale per non aggravare ulteriormente la crisi climatica a cui ha consapevolmente contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni. Abbiamo presentato la causa lo scorso maggio e la prima udienza si terrà il prossimo 16 febbraio presso il tribunale di Roma.
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