Un viaggio dal fascino antico. In Sardegna il trenino verde conserva un valore storico straordinario. Ne è un esempio uno dei percorsi che Arzachena e dintorni sono riusciti a mantenere e a promuovere nel rispetto dell’ambiente e della natura. Il viaggio che tocca Palau e Tempio Pausania rappresenta uno dei cinque servizi proposti dal trenino verde della Sardegna, che da 130 anni mette in contatto la zona costiera dell’isola con la sua parte più interna. I turisti possono così fare tappa nei borghi più affascinanti presenti nel territorio, seguendo un tragitto che sin dalla sua costruzione è rimasto intatto.

Nessuna alta velocità, niente posti esclusivi o di prima classe. In pratica si rallenta e si respira un’aria totalmente diversa dal solito. Questo grazie a una rete ferroviaria turistica unica in Europa che conta una distanza di 438 km. Entrando nel dettaglio della tratta situata nel nord-est della Sardegna, a colpire è l’incredibile variazione morfologica del territorio. Si parte dal livello del mare (Palau) e si finisce raggiungendo i 500 m di altezza di Tempio, per un totale di 59 km. Viceversa, si può compiere lo stesso viaggio avvicinandosi al mare. Per chi proprio non ha la possibilità di servirsi di queste due stazioni, può comunque usufruire del servizio salendo sul treno nelle soste intermedie di Arzachena, Sant’Antonio, Lago del Liscia, Calangianus, Luras e Nuchis.
Da Palau si potrà scrutare quanto di bello il panorama sa offrire, dal mare cristallino della Maddalena, a una folta macchia mediterranea circondata da diverse forme rocciose come Capo d’Orso. Ad Arzachena si potranno inoltre scoprire area archeologica di La Prisgiona e la tomba dei giganti di Coddu Vecchiu, appartenenti all’età del bronzo. Dopo aver superato l’affresco di colori e la ricca vegetazione del Lago Liscia, si arriverà a Calangianus, celebre per la capacità di lavorare il granito e il sughero. L’ultima tappa, Tempio Pausania, presenterà infine alcune peculiarità già dalla sua stazione in stile liberty, dalle opere del pittore Giuseppe Biasi, posti proprio nella sala d’attesa, ai reperti contenuti nel Museo dell’officina ferroviaria.